Linguaggi

Dopo la tempesta…

09.02.2022

“Battere le ali contro la tempesta avendo fede che dietro questo tumulto splenda il sole”

Virginia Woolf

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La quiete dopo la tempesta

“Passata è la tempesta:
Odo augelli far festa, e la gallina,
Tornata in su la via,
Che ripete il suo verso. Ecco il sereno
Rompe là da ponente, alla montagna;
Sgombrasi la campagna,
E chiaro nella valle il fiume appare.
Ogni cor si rallegra, in ogni lato
Risorge il romorio
Torna il lavoro usato.
L’artigiano a mirar l’umido cielo,
Con l’opra in man, cantando,
Fassi in su l’uscio; a prova
Vien fuor la femminetta a còr dell’acqua
Della novella piova;
E l’erbaiuol rinnova
Di sentiero in sentiero
Il grido giornaliero.
Ecco il Sol che ritorna, ecco sorride
Per li poggi e le ville. Apre i balconi,
Apre terrazzi e logge la famiglia:
E, dalla via corrente, odi lontano
Tintinnio di sonagli; il carro stride
Del passegger che il suo cammin ripiglia.

Si rallegra ogni core.
Sì dolce, sì gradita
Quand’è, com’or, la vita?
Quando con tanto amore
L’uomo a’ suoi studi intende?
O torna all’opre? o cosa nova imprende?
Quando de’ mali suoi men si ricorda?
Piacer figlio d’affanno;
Gioia vana, ch’è frutto
Del passato timore, onde si scosse
E paventò la morte
Chi la vita abborria;
Onde in lungo tormento,
Fredde, tacite, smorte,
Sudàr le genti e palpitàr, vedendo
Mossi alle nostre offese
Folgori, nembi e vento.

O natura cortese,
Son questi i doni tuoi,
Questi i diletti sono
Che tu porgi ai mortali. Uscir di pena
E’ diletto fra noi.
Pene tu spargi a larga mano; il duolo
Spontaneo sorge: e di piacer, quel tanto
Che per mostro e miracolo talvolta
Nasce d’affanno, è gran guadagno. Umana
Prole cara agli eterni! assai felice
Se respirar ti lice
D’alcun dolor: beata
Se te d’ogni dolor morte risana.”

Giacomo Leopardi, “La quiete dopo la tempesta”, da “Canti”, 1831

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William Turner, “Tempesta di neve. Battello a vapore al largo di Harbour’s Mouth”,1842

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Quando la tempesta sarà passata

“Quando la tempesta sarà passata
e le strade saranno spianate
e sapremo di essere sopravvissuti
a un naufragio collettivo,
con il cuore in lacrime
e il destino benedetto
ci sentiremo felici
solo per essere vivi.

E daremo un abbraccio
al primo sconosciuto
e loderemo la fortuna
di ritrovare l’amico.

E poi ricorderemo
tutto ciò che abbiamo perso
e subito impareremo
tutto ciò che non abbiamo imparato.

Non saremo più invidiosi
perché tutti avranno sofferto,
non avremo più pigrizia,
saremo più compassionevoli.

Ciò che appartiene a tutti
varrà molto di più
di ciò che appartiene a uno solo,
saremo più generosi
e molto altro ancora.

Capiremo il fragile,
cosa significa essere vivi,
avremo empatia per chi c’è
e per chi è andato.

Ci mancherà il vecchio
che ci ha chiesto un soldo al mercato,
il vecchio che non conoscevamo
ed era sempre al nostro fianco.
E forse il povero vecchio
era il nostro dio travestito
al quale non abbiamo mai chiesto il nome perché eravamo di fretta.

E tutto sarà un miracolo
e tutto sarà una nuova eredità
e la vita sarà rispettata,
la vita che ci siamo guadagnati.

Quando la tempesta sarà passata
chiederò a Dio, rattristato,
di restituirci meglio
di come ci aveva sognato.”

Alexis Valdes, “Quando la tempesta sarà passata”

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Brezza marina

“L’uragano tranquillo colpisce l’invisibile.

(Così affligge la morte, come aria,
dolcissimo galoppo verso il nulla?)”

Carlos J. Aldazábal, “Brezza marina”

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William Turner, “The Shipwreck”, 1805 

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Il seme della tempesta
“Questo chiedo: avere in me
il seme della tempesta. Spazzare via
la calma apparente della generazione mia
destare la rivolta.
Una rivolta chiedo, differente
da tutte le rivolte della storia.
Non per il pane, non per disperazione,
non per la fame o il freddo
non per l’oppressione
non per la congiura
per i fratelli o sorelle in catene.
Destare voglio la rivolta delle mani.
Il mio poter fare qualche cosa.
Fare bene voglio.
Fare per bene. Fare il mio fare,
quello che mi tocca,
il fare mio. L’azione scritta
nella mia testa, nelle mie mani.
Spaccare voglio
questa convinzione
di concretezza,
la dittatura dell’apparenza,
della misura, della materia dominante,
del vendere e acquistare. Dell’avere.
Quell’agio superiore che ripete
“è tutto qui, cosa vai a cercare”.
Voglio affermare l’incertezza mia
il metafisico sentire mio.
Il dialogo fra me e qualcosa che in me
è vivo d’una vita più antica della mia.”
Mariangela Gualtieri, da “giuramenti” (frammento di un Coro)

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