Betty: Esiste chi è capace di avvertire? Siamo capaci di ascoltare?
Simone V.: 1) Si. 2) Dipende. 1) Esiste ma è molto raro…o meglio, è rapportato al livello di essere di ognuno; cioè, se fossi un bambino di 2 anni , anche un bambino di 5 potrebbe consigliarmi di non lanciarmi dal balcone. 2) In genere non siamo in grado di riconoscere una buona indicazione: chi la dà lo sa e dovrebbe creare le condizioni per cui si intraprenda quella via, per il momento inconsapevolmente. Il problema è quando persone che non sono all’altezza creano condizioni per indirizzare i comportamenti degli altri, non avendo nemmeno loro consapevolezza di quello che dicono o fanno…vedi tutta sta storia del covid.
Betty: La mia riflessione era molto rivolta al se.… consapevolezza non è capacità.
Gabriella: Se è vera consapevolezza, è già un principio di capacità. La consapevolezza è un seme che matura molto lentamente e a volte sboccia quando meno ce lo aspettiamo, quando siamo veramente pronti a riconoscerla e ad accoglierla. A volte dobbiamo trovare le parole per dirci le cose che conosciamo già: queste “parole” ci servono per ri-conoscere ciò che già sappiamo.
Simone V.: La consapevolezza di quel tipo di persone si è maturata attraverso lo studio di sé e l’esperienza su di sé di alcune condizioni; per questo possono comprendere la condizione dell’altro e (alcuni) intervenire, in modo, come direbbero i buddisti, compassionevole, attraverso
Sonia: In tutto questo lavoro approfondito di conoscenza, consapevolezza ecc., se ci fosse una buona dose di ingenuità tra i piedi… questa si potrebbe eliminare in qualche modo?
Simone V. : Per me l’ingenuità è una benedizione, una via d’uscita.
Sonia: L’ingenuità fa fare figure di merda, mette in situazioni imbarazzanti e, quando si raccontano una serie di vicende, le persone ascoltano come se ascoltassero un bambino e ti dicono: “Possibile che tu non ci abbia pensato?!”
Federica: L’ingenuità è la tonalità di colore più bella che ci sia.. ti mostra per quello che sei, senza maschere.
Sonia: Non lo so, comincio ad avvertirne… la pericolosità. Per chi lo è, ovviamente.
Federica: Dovrebbe temere chi se ne approfitta, non chi lo è.
Sonia: Ma una persona chi si approfitta di un’ingenua cosa può temere?! Figuriamoci!
Simone V: devi vedere il film Oltre il Giardino. Cosa succederebbe se l’America avesse il leader che merita? Peter Sellers interpreta un giardiniere innocente e analfabeta che finisce per diventare l’uomo più influente di Washington… senza fare assolutamente nulla. Il semplice e buono Chance si occupa dei giardini di una tenuta sfarzosa e non sa niente del mondo esterno, se non quello che vede in televisione. Poi viene urtato da una limousine e tutto cambia. Elevato rapidamente allo stato di VIP dalla potente passeggera della limousine, Eve Rand, Chance incanta tutti, incluso il presidente degli Stati Uniti. Riusciranno le sue semplici ma sagge metafore di giardinaggio a risolvere i complessi problemi del paese? Chance aiuta la pace a crescere e a fiorire in questa favola moderna sul potere della semplicità.
Sonia: È che a volte ci si scoraggia un po’
Simone: Vabbè, lì siamo a livelli di ingenuità estremi.
Sonia: Quindi uno se la tiene questa ingenuità?
Simone V.: La coltiva.
Sonia: Nel senso che va indirizzata in un certo modo o nel senso che va aumentata il più possibile?!
Simone V.: Poi questo è un mio punto di vista eh…liberissimi di essere scaltri ordinariamente…e furbacchioni.
Federica: Sono d’accordo con Simone: si coltiva. E te lo dice una che per la voro vive continuamente in un mondo di disonestà e menzogne e che nonostante sia “professionalmente formata ” su questi aspetti, non falsifica la sua personalità per appartenere ad un mondo che non le appartiene. E poi credo che chi debba ricorrere a questi giochetti scaltri lo faccia per un forte motivo di insicurezza.
Sonia: Non lo so, forse il punto è riuscire a conviverci. E, forse, ciò che preserva alla fine (almeno me) è il sesto senso. Ingenua sì, però poi magicamente scatta una serie di allarmi.
Federica: Lo vedi? Essere ingenui non significa essere stupidi… anzi!!!
Gabriella: Però, mi intriga questo discorso sull’ingenuità, mi intriga assai…..
Sonia: Tu che ne pensi?
Gabriella: Io credo che esistano tante forme, tantissime, di ingenuità. Una è quella del bambino, inconsapevole e amorale, praticamente “al di là del bene e del male”. Deliziosa, certo, incantevole, ma se perdura durante la crescita, diventa prima imbarazzante e poi pericolosa. La seconda, all’estremo opposto, è l’ingenuità legata alla consapevolezza e ad un forte senso etico ed è quella rara e meravigliosa ingenuità di chi, pur sapendo ben distinguere il bene dal male (chiamiamoli così per brevità), è naturalmente portato a comportarsi onestamente, quasi senza sforzo, come se camminasse su un binario, anche se in lui/lei non c’è alcuna forma di automatismo. Terza forma: c’è consapevolezza, senso etico, ma poi uno si prende qualche piccola vacanza da se stesso. Della serie: mi sono comportato bene, che importa se oggi, per un momento, lascio perdere? A chi potrei fare delle male? In fondo a nessuno.
Sonia: Non ho capito la terza forma. Sembra un … fino ad ora son stata brava/o, mo’ mi rilasso, faccio qualche cazzata, anche cose scorrette, e poi ritorno sui “giusti” binari. Ho capito bene?
Simone V.: Poi c’è lo scemo del villaggio a cui aspiro io.
Gabriella: Ti faccio un esempio: Tizio/a è una persona onesta, corretta, ligia al dovere e alla legge. Poi un giorno gli/le accade di essere “tentato/a”, portato a fare qualcosa di non molto onesto. Ci pensa un po’, poi fa spalluccia e si lascia andare.
Simone V.: Beh, lì altro che ingenuità! Quello è un vagabondo patentato!
Sonia: Ma invece lo scemo del villaggio chi è?
Simone V.: Il tenente Colombo.
Sonia: Perché?
Simone V.: Anche Chance, il giardiniere di Oltre il giardino… ma per arrivare lì devi seppellire il cervello…che poi il cappello sufi (sikke) sarebbe la pietra tombale della mente razionale.
Gabriella: No, Simone, non sempre. Ricordati cosa diceva Madre Teresa di Calcutta sulle tentazioni. Poi c’è la forma di ingenuità che… tende all’infinito. Un po’ come la sindrome pucciniana di non fare adesso quello che puoi fare dopo. Dopo ce la farò, dopo diventerò più forte ecc. E poi, a voler vedere, c’è anche l’ingenuità del distratto, del “gaffomane” (ma il mio esempio è molto riduttivo) e qui ci vorrebbe papà Freud, perché è difficile capire fin dove arriva l’ingenuità, quella vera, e da dove parte invece “una piccola, innocua vendetta dell’inconscio”.
Simone V.: La malattia del domani…è un anatema molto condiviso
Sonia: E la malattia del domani si lega all’ingenuità? Non capisco come.
Gabriella: Si lega nell’ingenuità di credere che ciò che non si è riusciti a fare finora, si possa imparare in seguito, non si sa per quale miracolo, perché qui non si parla di nozioni.
Simone V.: Sì, appunto , dipende un po’ dalla definizione di ingenuità. Spesso chi procrastina (io in primis) lo sa bene come andrà a finire, ma se la racconta…più che ingenuità forse è una strategia inconsapevole di auto-impedimento: ovviamente
Gabriella: Perché dovrebbe essere una malattia? Noi siamo noi, luci e ombre, frammenti di infinito imprigionati dal finito…o viceversa
Simone V.: Parlo dell’ingenuità di chi, anche davanti ad un fatto noto e riconosciuto, lo vede come se fosse per la prima volta … diciamo, una mente da principiante.
Gabriella: Non credo, però, che questa sia ingenuità: penso sia inconsapevolezza, scarsa conoscenza, noviziato. Pensa all’etimologia del termine: “in-genuus”, non costruito, non artefatto, quindi libero… Solo che poi il termine si è sviluppato tra due ordini di significati: il conoscere, da un lato e, dall’altro, l’agire, la scelta. Insomma, si bilancia tra conoscenza e morale
Simone: Che è poi un liberarsi dalle associazioni di pensiero legati ad un evento, un po’ come i bambini che riescono a fare collegamenti inediti e straordinari.