“Apro la bocca e dico la rima
Ride il silenzio che c’era prima
Un filo brilla fra le parole
Mare con mondo, luna con sole
Un filo piccolo che tiene insieme
Fiore con fiume, sole con seme
E ora vicine le cose lontane
Come le perle di belle collane
Danzano in tondo, perché se tu vuoi
Mondo fa rima con Noi.”
Bruno Tognolini, da “Rima rimani”
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Rima Rimani
“Apro la bocca e dico la rima
Ride il silenzio che c’era prima
Tutte le cose mi siedono intorno
Per aspettare la fine del giorno
Io le saluto, una per una
So le parole per sole e per luna
So quelle rime che tengono insieme
Fiore con fiume, sole con seme
Fiume di figli, inzuppati d’amore
Che solo il nome fa già buon odore
Che con il grido d’uccelli felici
Danzano intorno a queste radici
Anche le cose ora danzano in tondo
La filastrocca che ha dentro il mondo
Sole tramonta, torna domani
Rima, rimani.”
Bruno Tognolini, da “Rima rimani”
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Filastrocca dell’attesa
“Aspettami
Come oggi aspetta domani, aspettami
E come semi i tuoi giorni, piantali
E quando torno vedrai che fiori
Salutami
Anche se non mi vedrai, salutami
Se il vento passa di sera, diglielo
Se lo farai non sarò mai sola
E parlami
Dentro il silenzio del cuore, ascoltami
E sentirai che ti dico “aspettami”
E tornerò e chiuderò la rima.”
Bruno Tognolini, da “Rima rimani”
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Joan Mirò, “Il carnevale di Arlecchino”, 1924-1925
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Carnevale vecchio e pazzo
“Carnevale vecchio e pazzo
s’è venduto il materasso
per comprare pane, vino,
tarallucci e cotechino.
E mangiando a crepapelle
la montagna di frittelle
gli è cresciuto un gran pancione
che somiglia ad un pallone.
Beve, beve all’improvviso
gli diventa rosso il viso
poi gli scoppia anche la pancia
mentre ancora mangia, mangia.
Così muore il Carnevale
e gli fanno il funerale:
dalla polvere era nato
e di polvere è tornato.”
Gabriele D’Annunzio
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Orso
“Ho visto non visto
nascosto nel fresco
nel folto del bosco
sbruffone malbrusco
snasante i germogli
gnuffando fungaglie
frusciandosi foglie
leccando leccando
scolandosi il miele
ombroso il testone
il grugno brontoso
muscoso il gobbone
l’unghione frugoso
frullona pelliccia
spellando corteccia
pescando il salmone
snaffando la trota
con zampa corsara
leccandosi il muso
con lingua golosa
fischiando sbadigli
per troppo digiuno
ho visto non visto
il gran orso bruno.”
Roberto Piumini, da “Dall’ape alla zebra”
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Filastorta d’amore
“Col mio corpo facci un mantello
il mio braccio come cintura
te lo slacci se il tempo è bello
te lo stringi se hai un po’ paura.
Dieci dita se vuoi te le dono
per contare di notte gli istanti
che trascorrono tra il lampo ed il tuono
più è sereno e più sono distanti.
Con il rosso del mio rossetto,
ci farai una collana di baci,
troppo presto se ne andrà nel cassetto
per far posto a labbra più audaci.
Coi capelli puoi farci una treccia
da gettare giù dalla torre
quando eros scocca la freccia
chiami “amore” il primo che accorre.
Con i nei facci mille puntini
e sospendi le tue decisioni
metti i sogni sotto ai cuscini
in attesa di giorni più buoni.
Quando scegli che cosa volere
ti do i denti e le unghie affilate
lotta forte finché è in tuo potere
fatti strada ad ampie bracciate.
Quando piangi ti do le mie ciglia
un solletico lieve di piuma
la risata è un genio in bottiglia
basta il tocco e la lacrima sfuma.
Prendi tutto di me, corpo e mente
e poi metti i tuoi piedi sui miei
balleremo una danza struggente
dove sono è ovunque tu sei.”
Enrica Tesio, da “Filastorta d’amore”
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Elena Guastalla, “La mamma protettiva”
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Filastrocca della mamma imperfetta
“C’era una mamma, una madre madrona,
la mano a saetta, la voce che tuona.
Più che un bambino voleva un soldato
Ma poi crebbe un hippie tutto arruffato.
C’era una mamma, un po’ mamma e un po’ chioccia,
di libertà ne lasciava una goccia,
le nacque una bimba paracadutista
adesso è una stuntman professionista.
C’era una mamma vegana e pittrice,
viveva di tofu col figlio, felice.
“quanti bei posti dipingerai?”
Ma invece il suo Adolfo guidò il Terzo Reich.
Filastrocca del figlio perfetto
Scolpito, pensato come un angioletto
Tu lo volevi un po’ simile a te
e invece “sorpresa!” decide da sé.
C’era una mamma, femminista di razza,
mutande bruciate e tette giù in piazza,
ma ebbe una figlia, un clone di barbie
che va da Intimissimi e spende i miliardi.
C’era una mamma ingessata e ingegnera
sinapsi a quadretti, compita ed austera,
ma il figlio non legge ogni giorno i listini
compila gli oroscopi, descrive destini.
C’era una mamma Bocca di Rosa,
si dice puttana, io dico sciantosa,
il figlio giurò per la castità,
un frate trappista, in povertà.
C’era una mamma, una santa, una suora,
conosce l’amore, ma il piacere lo ignora,
crebbe un bambino, un chierichetto,
fa il pornoattore, un artista del letto.
Filastrocca del figlio perfetto
Scolpito, pensato come un angioletto
Tu lo volevi un po’ simile a te
e invece “sorpresa!” decide da sé.
Filastrocca della mamma imperfetta.
La mamma perfetta un figlio lo accetta.”
Enrica Tesio, “Filastrocca della mamma imperfetta”
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La famiglia della frase
“C’era un tempo un SOGGETTO
ch’era triste, vano e solo,
era in cerca di qualcuno
per poter prendere il volo.
Fu così che incontrò il VERBO:
“sarò sempre il tuo motore”,
disse fiero al suo soggetto
conquistandolo in amore.
Era il verbo in azione
e il soggetto la sua base,
si formò da questa unione
la famiglia della FRASE.
Poi la frase si arricchì
di elementi in allegria
dando vita con ingegno
al pensiero e alla POESIA!
DoReLLa Tota
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Henri Rousseau, “The Football players”, 1908
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Filastrocca di Ferragosto
“Filastrocca vola e va
dal bambino rimasto in città.
Chi va al mare ha vita serena
e fa i castelli con la rena,
chi va ai monti fa le scalate
e prende la doccia alle cascate…
E chi quattrini non ne ha?
Solo, solo resta in città:
si sdrai al sole sul marciapiede,
se non c’è un vigile che lo vede,
e i suoi battelli sottomarini
fanno vela nei tombini.
Quando divento Presidente
faccio un decreto a tutta la gente;
“Ordinanza numero uno:
in città non resta nessuno;
ordinanza che viene poi,
tutti al mare, paghiamo noi,
inoltre le Alpi e gli Appennini
sono donati a tutti i bambini.
Chi non rispetta il decretato
va in prigione difilato”.
Gianni Rodari
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Vasilij Kandinskij, “Sky Blue”, 1940
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Filastrocca del mondo alla rovescia
“Un mostriciattolo con la corona in testa
ha fatto un incantesimo malvagio che tutto infesta
così che adesso i grandi parlano alla rovescia
per via di questo stregone invisibile che striscia.
Prima dicevano: Esci! Gioca a pallone!
Adesso invece: Vuoi guardare un po’ di televisione?
Se starnutivi: Metti la mano davanti!
Adesso: Via le mani, o ti metto i guanti!
Prima: Sveglia, bisogna andare a scuola!
Adesso: Non ti va di dormire ancora un’ora?
Prima: Muoviti, si va a ginnastica, inglese, piscina!
Adesso: Se vuoi fare un giro, puoi andare in cucina…
I bambini tutti insieme ma ciascuno a casa sua
si trasformano in ninja, drago, principessa, spia
vogliono liberare dall’incantesimo i grandi
e dire al virus: ehi, tu, adesso ti arrendi?
Tutto va alla rovescia, hai ribaltato il mondo
ci pensiamo noi a mandarti a fondo!
Gli ingredienti essenziali per la pozione
che sarà l’antidoto a questa infezione
sono pochi, da maneggiare con cura
per battere il mostro senza paura.
Primo: un bel sacco abbondante di pazienza
si trova in fondo ai cassetti, svuotando la credenza
rifacendo gli stessi giochi, senza amici né parco
se lo fai con allegria, sarà una bella freccia al tuo arco.