“La foiba faceva sempre pensare al sangue, all’ossario, alla macelleria al lancio dei vivi e dei morti nell’abisso.
Negli inghiottitoi si buttava la roba che si voleva eliminare, togliere per sempre dalla vista, e magari anche dalla memoria.”
Carlo Sgorlon, da “La foiba grande”, 1992
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Foiba di Basovizza
“O tu che ignaro passi
per questo Carso forte ma buono,
fermati ! Sosta su questa grande tomba!
E’ un calvario con il vertice
sprofondato nelle viscere della terra.
Qui, nella primavera del 1945,
fu consumato un orrendo Olocausto.
A guerra finita!
Nell’abisso fummo precipitati a centinaia,
crivellati dal piombo e straziati dalle rocce.
Nessuno ci potrà mai contare!
Avidità di conquista, odio e vendetta
congiurarono e infierirono contro di noi.
Essere italiani era la nostra colpa.
A gettarci nel baratro
furono torme di invasori,
calati nella nostra terra sotto l’influsso
di una malefica stella vermiglia.
Per viltà gli uomini
non ci hanno reso giustizia.
Ce l’ha resa Dio accogliendo i nostri spiriti,
purificati da tanto martirio.
O tu che, ora non più ignaro, scenderai
da questo Carso,
ricorda, e racconta la nostra tragedia”
Testo impresso su di una targa di bronzo all’interno del complesso monumentale della foiba di Basovizza
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Le foibe di Trieste
“…Graffi sulle rocce
ai bordi delle foibe,
forse dita alla ricerca
d’un appiglio
per non volare
nel freddo buio.
Urla, nomi e forse
sussurri dal cuore
tingevano di sangue
l’aria azzurra…
Spari nel celeste
spaventavan i passeri
sentinelle sui rami,
vermiglio sommàcco
impallidiva alla Luna,
case vuote,
scrostate,
carretti farciti di cose
verso il nulla,
l’Istria sciolta
come ghiaccio nel bicchiere,
ricordi coperti di brina
luccicano al Sole
come diamanti,
e ancora vaghe urla
salgono dal nero di seppia,
macerandosi e trovando pace
tra le bianche macchie dei caprioli,
tra le loro ciglia,
in questo nostro Carso
dove il vecchio dolore
…è nuova vita.”
Manlio Visintini
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