“Grace ci aveva già pensato per molto tempo. Sapeva che se all’arrivo i gangster non le avessero sparato, avrebbe dovuto prendere in considerazione il suggerimento di suo padre di tornare, di entrare in combutta con lui e con la sua banda di criminali. E non aveva bisogno di una passeggiata per decidere la sua risposta, anche se la differenza tra la gente che conosceva a casa e la gente che aveva incontrato a Dogville si era dimostrata più sottile di quanto si aspettasse.[…]
Grace volse lo sguardo sui volti spaventati dietro le finestre che seguivano ogni suo passo e si vergognò di aver in parte inflitto quella paura. Come poteva odiarli per ciò che in fondo era la loro debolezza? Probabilmente anche lei avrebbe fatto cose come quelle che aveva subito se avesse vissuto in una di queste case, tanto per valutarli con il loro metro come diceva suo padre. In tutta onestà, non si sarebbe comportata come Chuck e Vera e Ben e la signora Hanson e Tom e tutte quelle persone nelle loro case? Grace si fermò e in quel mentre le nuvole si dissiparono e fecero passare il chiaro di luna. E Dogville subì un altro di quei piccoli cambiamenti di luce. Era come se la luce prima così clemente e fioca alla fine si rifiutasse di mascherare ancora la cittadina.[…]
Adesso la luce rivelava ogni irregolarità e difetto delle costruzioni e … delle persone. All’improvviso Grace ebbe più che chiara la risposta alle proprie domande. Se si fosse comportata come loro non avrebbe potuto difendere neanche una sola delle sue azioni e non avrebbe potuto condannarle con sufficiente asprezza. Era come se la sua afflizione e il suo dolore avessero finalmente trovato la giusta collocazione. No. Quello che avevano fatto non era abbastanza buono e se qualcuno aveva il potere di rimettere a posto le cose era suo dovere farlo, per il bene delle altre città, per il bene dell’umanità e non ultimo per il bene dell’essere umano: che era Grace stessa.”
Dal film “Dogville”, 2003, diretto da Lars von Trier