Siamo tutti imbarcati su questa nave di folli senza capitano, che la tempesta trascina verso gli scogli.
Allora perché dilaniarsi, invidiarsi, disprezzarsi, procurarsi sofferenza?
Non vedi che morirai?
Avrai un po’ di compassione per te stesso?
Non vedi che tutti moriranno, come te, che tutti sono in preda, come te, di mali senza rimedio?
Avrai compassione per loro?
Senti la vacuità di tutte queste distinzioni di sesso, di età, di razza, di nazionalità, di classe sociale, di titoli, “d’intelligenza”, di bontà, di ricchezza, di religione e altro ancora?
Sembrano gli ospiti di un manicomio colti da coléra che si contendono medaglie di cioccolato mentre sta affondando il battello sul quale erano stati messi in quarantena.
Gli unici che si distinguono alleviano la sofferenza degli altri prima di sparire con loro.
Amano.
Le persone si battono per arrivare al vertice della gerarchia, si disperano per rimanere alla base della piramide o si glorificano per essere arrivate al pinnacolo.
Altri si battono per sapere quale sia la gerarchia delle gerarchie.
Chi detiene il primato?
La celebrità?
La ricchezza?
Il potere?
La conoscenza?
La creatività?
Il piacere?
La tranquillità?
La moralità?
La santità?
Se credi che la superiorità nella saggezza o nella spiritualità sia preferibile ad una superiorità nel denaro o nell’erudizione, non hai capito niente.
Ciò che bisogna capire è che niente e nessuno è superiore a niente e nessuno, che tutti sono uguali, unici e insostituibili e che solo l’amore (amore di sé e degli altri è lo stesso amore) solo l’amore allevia la sofferenza; l’amore che irradia nella sfera infinita dell’istante.”
Pierre Levy (filosofo francese), da “Il fuoco liberatore”, 1999
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Immagine: Antonio Squicciarini, “Il mio mondo”