“Soltanto gli esseri insenzienti possono ascoltare
il Sermone degli esseri insenzienti;
muri e palizzate non possono istruire l’erba
e gli alberi a compiere la primavera.
Rivelano la dimensione spirituale senza intenzione,
semplicemente essendo quel che essi sono.
Così avviene anche per le montagne,
i fiumi, il sole, la luna, e le stelle.”
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“La persona reale non è
nessuno in particolare;
ma, come il colore blu profondo
del cielo sconfinante,
è qualcuno, è ciascuno, nel mondo.”
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“Se voi trasformate questo mio ritratto in realtà,
dunque, che cosa sono io?
E perché affiggerlo là,
se non per anticipare come sono fatto alla gente?
Guardando il ritratto,
potreste dire che colui che è appeso
sia veramente io?
In quel caso il vostro pensiero
non sarà tutt’uno col muro”
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“Venire e andare
L’uccello della migrazione
non lascia tracce
e non ha bisogno di guida.”
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Il suono della pioggia che cade
“Poiché la mente è libera –
ascoltando la pioggia
che cade dalla grondaia
le gocce divengono
tutt’uno con me.”
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Il volto autentico
“In primavera i ciliegi fioriscono,
in estate il cuculo,
in autunno la luna ed in
inverno la neve, nitida, glaciale.”
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“La luna si riflette
in una mente limpida
come acqua immobile:
persino le onde, fràngendosi,
ne rispecchiano la luce.”
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Impermanenza
“A cosa dovrei
paragonare il mondo?
Al lucore della luna, riflesso
nelle gocce di rugiada,
scosse dal becco di una gru.”
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Nessuna dipendenza da parole e lettere
“Non limitato
dal linguaggio,
esso viene enunciato incessantemente:
così, anche, la via delle lettere
lo può esporre ma non esaurirlo.”
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La luna del raccolto
“La montagna è ricoperta di alberi spogli,
nitida in questa notte d’autunno;
la luna piena galleggia con grazia sopra i tetti,
senza dipendere da nulla o appoggiarsi ad alcun sostegno;
libera, come vapore che si risolleva da una ciotola di riso,
semplice, quanto un pesce che nuota e sguazza,
nuvole fluttuanti, o acque correnti.”
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Nel flusso
“Nel flusso,
il passato scorre
nel mondo polveroso,
la mia forma effimera
non raccoglie riflesso.”
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Devozione
“Un airone bianco
si nasconde
nel campo innevato,
dove persino l’erba invernale
non può essere vista.”
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Meravigliosa mente-nirvana
Poiché i fiori che sbocciano
nella nostra casa natia
sono perenni,
e sebbene le primavere possano venire e andare
il loro colore non si dissipa.
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Accompagnando il ritratto di un maestro dipinto
al tempio di Koshoji nei tardi anni Trenta
“Se voi trasformate questo mio ritratto in realtà,
dunque, che cosa sono io?
E perché affiggerlo là,
se non per anticipare come sono fatto alla gente?
Guardando il ritratto,
potreste dire che colui che è appeso
sia veramente io?
In quel caso il vostro pensiero
non sarà tutt’uno col muro”
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Un monaco zen cercava un verso
“La mente, essa stessa, è Buddha – difficile da praticare, ma facile da spiegare.
Nessuna mente, nessun Buddha – difficile da spiegare, ma facile da praticare.”
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Un altro verso sul ciclo quotidiano, dalle otto di sera, tempo per zazen
.
Non ha forse il cane la natura del cane?
Dopo tutto, un gambero non è nient’altro che un gambero;
l’uomo che proviene dall’impero T’ang camminando
a piedi nudi impara a camminare nello stile dei T’ang,
pagando pegno con una zanna di elefante trasportata dalla Persia.
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Uno di quindici versi a proposito del ritiro montano di Dogen
“Gioioso in questo ritiro montano ma ancora melanconico,
studio ogni giorno il Sutra del Loto,
pratico zazen in modo determinato;
cosa l’amore e l’odio contano
quando sono qui, solo,
in ascolto del suono delle piogge,
sul tardi, in questo pomeriggio d’autunno.”
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Un altro verso da Fukakusa
“Il vento gelido soffia trasportando l’autunno;
il clima è fresco mentre è tempo di raccolto,
così ricco di fragranze magnifiche,
in movimento attraverso il cielo di stagione
mentre rimango nel mio ritiro montano.”
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Di una notte nevosa in primavera
“Sebbene non possa aiutare ma essere turbato
dai boccioli di pesco e pruno ricoperti di neve e gelo,
posso ammirare come i pini e il bambù
guardino il passaggio surreale del tempo privo di rimpianti;
tu puoi non essere capace di coglierlo
dai miei vecchi capelli e dalla mia pelle,
ma sono imperturbato,
avendo rinunciato a fama e fortuna per così tanti anni.”
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In ascolto di un temporale di primavera a Kamakura, terzo mese, 1248
“Per il tempo di sei mesi ho ritirato riso a casa di un laico,
sentendomi come un fiore di un vecchio pruno coperto di neve e gelo.
Entusiasta ho sentito il primo fragore del tuono che rimbomba nel cielo –
i cinque petali rossi di un fiore di pesco saranno presto scintillanti nella capitale.”
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La mente non ha sostanza
“La mente non ha sostanza
che può essere vista;
l’unico vincolo
del corpo è fluire
come rugiada e gelo”
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Tutta la notte scorsa
“Tutta la notte scorsa
e questa mattina, ancora,
la neve cadeva nelle più remote montagne;
ah, vedere le foglie d’autunno
sparpagliarsi nella mia casa.”
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L’alloggio di una gazza
“L’alloggio di una gazza:
il nido nella sua testa,
mentre una ragnatela
come granchi minuti
ne ricopre le sopracciglia.”
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I quattro cavalli della sofferenza
“I quattro cavalli della sofferenza,
le quattro carrozze della compassione;
come può uno
trovare la giusta Via
senza cavalcarli?”
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Innalzandosi, mentre la montagna
“Innalzandosi, mentre la montagna,
i picchi e le vallate scuriscono –
il canto delle cicale al crepuscolo
racconta del giorno
appena eclissato.”
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Lunga notte
“Lunga notte,
lunga come
la lunga coda del fagiano,
la luce all’alba
risveglia e risolleva.”
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Contemplo la luna
“Contemplo la luna,
riflette la mente sgombra come un cielo
tratteggiato dalla bellezza.
Mi perdo
nell’ombra che emana.”
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Il tempo
“Il tempo
nell’indolenza
semplicemente si consuma;
ricercando la Via
è già svanito.”
Eihei Dōgen Zenji, da “Interrestràre – Quaderno di meditazioni”, 2019
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Dōgen (1200-1253), “Il principio della Via”, è il nome che assume quando viene ordinato sacerdote sul Monte Hiei, sede del più importante monastero della scuola Tendai, che considera la natura del Buddha e la sua illuminazione immanenti in ogni cosa. Questa particolare concezione pone Dōgen di fronte ad uno degli interrogativi di fondo del buddismo cinese: se ognuno di noi possiede già la natura di Buddha ed è già illuminato, a che serve la pratica? E’ proprio per rispondere a questo interrogativo che Dōgen intraprende un lunghissimo viaggio attraverso la Cina. Un incontro, per lui, si rivela illuminante: quello con un anziano monaco cinese che lavora come sguattero su di una nave e che alle domande di Dōgen risponde che anche mansioni così umili sono “la pratica della Via”. Tornato nel monastero Tendai, Dōgen se ne allontana nel 1230, quando, con un piccolo gruppo di allievi, si trasferisce in un tempio abbandonato, l’Anyō-in. Qui dà vita alla scuola Soto Zen, il cui obiettivo è quello di riconnettersi all’insegnamento originario di Buddha, sulla base della convinzione che pratica ed illuminazione coincidono, perché tutto appartiene alla “Via”: la natura, le parole, la meditazione.