C’è un bar a S. Paolo, che fa angolo con una scalinata di marmo e cemento e file di grucce e vestiti al vento, dove ogni cosa è raggiungibile a soli 9,99 €.
Mi fermo sempre in doppia fila, al solito cassonetto dell’umido. È primavera? No, non all’anagrafe almeno. Ma l’albero impalato all’ingresso mi fa cenno di sì, scuotendo appena il ramo puntinato di rosa.
Entro e mi dico “solo un caffè”.
– Buongiorno, cosa prende?
– Buongiorno. Solo un caffè!
E subito mi giro a guardare quello che le mie orecchie avevano già captato: le allegre nonnine (mi piace sperare che lo siano) riunite al solito tavolo, che strillano, mangiano, ridono, rispondono alla telefonata di un parente ed infine si chiedono: “e tu quando lo devi fare il vaccino?”.
Le guardo. Il caffè mi aspetta nella tazzina e si fredda. Sorrido, ma non mi vede nessuno, a parte il mio caffè rassegnato.
Ogni volta che posso vengo qui, al bar di S. Paolo, perché il caffè è una miscela di “buongiorno”, sorrisi ed è pieno di vita, grazie a quelle nonnine, quelle che dopo un anno come questo, ridono e non hanno paura di vivere e, forse, nemmeno di morire.
Sonia Simbolo
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