“Non è una questione di nostalgia, ma di memoria.
No, non sono nostalgici quelli che pensano che i sindacati dei lavoratori abbiano un senso.
Non sono nostalgici quelli che riflettono sulle lotte fatte dai lavoratori in più di un secolo per ottenere un lavoro che si legasse ai diritti.
No, non è nostalgia pensare a quando gli operai definivano le strategia di una lotta di classe utili a tutti.
No, non è nostalgia pensare che in tanti sono morti uccisi dalla mafia perché difendevano i diritti dei braccianti.
No, non è nostalgia pensare che ci debba essere una festa dedicata al lavoro, pensare che è nata, in Italia, nel 1891 e fermata nel 1925 per poi riprendere nel 1945.
No, non è nostalgia pensare che se oggi fosse densa dei significati del passato e condivisa da chi il lavoro ce l’ha e chi non ce l’ha o lo ha precario, le cose forse sarebbero diverse.
No, non è nostalgia immaginare che un giorno si possa tornare a festeggiare “il lavoro” e non “il precariato” e“la disoccupazione”.
No, non è nostalgia immaginare, come si immaginava allora, che può esistere un lavoro migliore.
No, non è nostalgia pensare e lottare perché il lavoro ci sia.
No, non è nostalgia riflettere su quello che avevamo ottenuto e su quello che rischiamo di perdere. No, non è nostalgia immaginare che donne e uomini abbiano gli stessi diritti nel lavoro.
No, non è nostalgia pensare a come ridefinire i diritti del lavoro non pensando ad una loro diminuzione per tutti ma ad una estensione per tutti.
No, non è nostalgia pensare che si debba fare molto per privilegiare il merito al posto dell’amicizia o della clientela o dell’appartenenza.
No, non è nostalgia pensare ad uno stato che difende prima i lavoratori ed i precari e poi le imprese, specialmente quelle che delocalizzano.