“Dove lo prendi tu, l’amore che ti serve? […]
– Tutti abbiamo bisogno di una quota d’amore al giorno, – mi guarda, – senza quel minimo cadi in depressione e ti ammali, è come un piano dietetico, devi assumere energie, comunque le prendi, anche a pezzi, a intervalli, in modo discontinuo. A volte raccogli un mucchio di amore tutto in un punto, e per un po’ sei a posto […] altre volte raccatti briciole qua e là, metti insieme e impasti, ma ti basta appena per un giorno –. Le faccio segno di sì, la seguo.
– Tu non fai mai l’accattona? A rovistare tra i resti, fra gentilezze buttate a caso, nemmeno rivolte a te, o fra ricordi ancora buoni, li rimaneggi e stai un po’ meglio?
Non ci avevo mai pensato in questi termini.
– Nei tempi di magra, quando finiscono le riserve, ti aiuta avere le tue risorse, quelle segrete, i tuoi granai.[…]– Ognuno di noi ha una partenza diversa, perché è diverso il capitale iniziale, – dice –.
– I bambini molto amati saranno adulti meno affamati di amore, hanno le loro riserve organiche, e chi invece non è stato amato, o amato male, avrà per sempre una specie di fame nervosa, un ammanco che non puoi colmare, e anche se costruirai un legame farai i conti con questo buco dentro, insaziabile, criminale, uno spasmo che brucia il fegato, la gola […] se non stai in guardia ti riassorbe e ti fagocita nello stesso gorgo, senz’aria e senza luce […]. Dobbiamo rabberciare, – ha detto e finalmente ha respirato. – Ricalibrare […] L’amore puoi prenderlo dagli altri, – ha detto, – anche quando non se ne accorgono. Anzi è meglio, non c’è bisogno che loro ti vogliano bene, per fortuna.”
“Abbiamo trent’anni, è questo che ci uccide … e ci dà la febbre e l’inquietudine, abbiamo di nuovo trent’anni nel cuore e nella testa e non ce l’aspettavamo … Abbiamo trent’anni, con figli di trenta e genitori di novanta, e noi in mezzo schiacciati, carne viva, hamburger tra le fette, siamo senza lavoro, lavoriamo troppo, ci hanno licenziato, siamo scaduti, non puoi rientrare, e chi ti vuole che manco riesci a scaricare le app?.. hai trent’anni che durano un anno, e quest’anno è tutto ciò che abbiamo prima che sia troppo tardi, poi faremo sessant’ anni e avremo paura di noi, io non ho mai avuto trent’anni come adesso, a trent’anni mi sentivo vecchio, pensavo solo a lavorare, al mutuo e a mio figlio, non avevo paura del domani, ne ho più adesso perché c’è troppo domani trent’ anni ancora da qua a novanta, e poi saremo soli, completamente soli.”
“Siamo gli ultimi a essere stati primi. È un gran peso, ma anche un privilegio, quello che c’è toccato. Essere i primi e gli ultimi dentro una sola vita. … Siamo gli ultimi che hanno usato la Lettera 32 Olivetti e i primi col computer, gli ultimi col telefono fisso e i primi col cordless, dal cellulare al iPhone, dalla carta carbone agli ologrammi, dalle cartoline a Skype, noi siamo stati gli ultimi del mondo vecchio e i primi del mondo nuovo … non siamo riusciti a mettere fine al capitalismo, ma abbiamo inventato il transumanismo, vogliamo capitalizzare vita, semi, embrioni, organi, diventare immortali, ibernazione criogenica, rigenerazione dell’identità in un software! È la fine del mondo, capisci? No, è solo la tua, e la nostra – ho detto. – E non coincide con la fine del mondo… Siamo i primi degli ultimi, deve bastarci. Abbiamo chiuso e aperto molte cose, ma non siamo la sigla finale.”
Elvira Seminara, da “I segreti del giovedì sera”, 2020
*****
Foto di Sonia Simbolo