Affabulazioni

Ogni borgo è un poeta

10.05.2022
“In più parti del libro parlo delle mani del contadino pensando a quelle di mio nonno. Nel periodo dei fichi non aveva guanti, ma delle canne che gli impedivano che il latte del frutto gli colasse nelle ferite delle mani. Contrappongo queste dita rovinate e sporche alle dita bianche dell’anziano su una sedia: la funzione del lavoro è finita. L’anziano ora è un vate, è una memoria che trasmette competenze e valori. Il nonno ha la funzione di trasmettere la memoria, le conoscenze e la sapienza. La pandemia ha eliminato questa funzione di trasmettere la sapienza insita nel DNA degli anziani. Gli anziani hanno sofferto di più non solo perché venivano attaccati alle spalle da questo male, ma perché hanno perso questo ruolo. Nella prima pagina presento l’immagine di un anziano rimasto solo davanti alla porta dentro un borgo e che continua a vivere senza far rumore. Non parla e non mangia. Vive. È questa la sua funzione. Inoltre ha le mani bianche. Quante volte abbiamo notato questo fatto? Queste mani non sono più adatte al lavoro, ma per accarezzare i nipoti e trasmettere amore. La pandemia non ha dato questa grande capacità che la natura dà ad ogni anziano. Io so che la mia funzione è di avere un rapporto particolare con i miei nipoti, perché ce l’ho avuto anche io. Se dovessi chiedermi chi sia stato, tra mio nonno, mio padre e mia madre, ad avermi dato una funzione particolare ad essere quello che sono? Posso dire che sia stato mio nonno nonostante sia morto quando avevo 18 anni. Egli era una persona analfabeta ma che comprendeva che il mondo doveva essere conquistato dai giovani e che ognuno di noi doveva essere curioso.”
“Sono nipote di un nonno che ha combattuto la Prima Guerra Mondiale. Mio nonno mi parlava del silenzio della notte. Lui che faceva la vedetta nelle cime e che sentiva il silenzio. Lo sentiva non come un’oppressione, ma come un linguaggio. Il silenzio è una lingua, non sono i rumori che tacciono. Il silenzio è opportunità per conoscere sé stessi. Quando ci si vuole liberare dai percorsi della vita, si va in un posto dove faccio del silenzio, dove cerco un linguaggio che non è frastuono. Mio nonno mi parlava del silenzio, dei colori, della neve, della fame. A volte il dramma della solitudine, dove l’uomo vive la sua condizione umana da solo nonostante ci siano condivisioni, proposte, strategie di stanare queste posizioni. In realtà l’uomo passa la sua vita per gran parte con se stesso (90%) in un silenzio quasi religioso. La proposta che ci viene fatta nel messaggio religioso in questi anni non è al passo con i tempi. A volte l’uomo si sente solo e la religione parla di un altro uomo. Quindi non ci si capisce (ecco perché solitudine). Parlo di questa nuova chiesa per sollecitare qualche prete o qualche vescovo di coinvolgerlo a parlarlo dei problemi di silenzio e solitudine post-pandemia del quale parleremo per i prossimi 15 anni. Vediamo i primi effetti nei giovani già da adesso. Non offro risposte, ma moltitudini.”
“Ognuno ha un borgo dentro che non riesce a vivere da solo, ha bisogno di qualcuno che con l’incanto dello sguardo lo legga e glielo racconti”
Giuliano Belloni, da “Ogni borgo è un poeta”, 2021
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Foto Caras Ionut

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