Cercare sicurezza o perfezione, gioire nel sentirsi rafforzati e completi, autonomi e a proprio agio, è una specie di morte.
Non entra aria fresca.
Non c’è spazio per far entrare qualcosa che interrompa tutto questo.
Stiamo uccidendo il momento controllando la nostra esperienza.
Così facendo ci prepariamo al fallimento, perché prima o poi ci capiterà qualcosa fuori dal nostro controllo…[…]
L’essenza della vita è di essere una sfida continua.
Talvolta è dolce, talvolta è amara.
Talvolta il vostro corpo è teso, talvolta si rilassa e si apre.
Talvolta avete mal di testa, talvolta vi sentite sani al cento per cento.
Da una prospettiva consapevole, cercare di sistemare tutte le pendenze e riuscire finalmente ad avere ogni cosa al suo posto è la morte, perché implica il rifiuto di molta della nostra esperienza di fondo.
C’è qualcosa di aggressivo in quell’approccio alla vita, nel cercare di spianare tutti i punti accidentati e le imperfezioni e trasformarli in un tragitto piacevole e senza scosse.
Essere completamente vivi, completamente umani e completamente risvegliati significa essere continuamente buttati fuori dal nido.
Vivere completamente vuol dire essere sempre nella terra di nessuno, vivere ciascun momento come qualcosa di completamente nuovo e fresco.
Vivere significa essere pronti a morire in continuazione.
La morte è voler conservare quel che si ha, volere che ogni esperienza vi rafforzi, vi faccia i complimenti e vi faccia sentire davvero in gamba. […]
Vogliamo essere perfetti, ma non facciamo altro che vedere le nostre imperfezioni, e non c’è spazio per fuggire da lì, non ci sono uscite, non c’è un posto in cui scappare. Questo è il momento in cui la spada si trasforma in fiore.”
Pema Chödrön (monaca buddhista statunitense), da “Se il mondo ti crolla addosso: Consigli dal cuore per i tempi difficili”, 2012