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Soy Teresa Wilms Montt

20.05.2022

Anuarì

IV

Dormi quieto, Anuarì, Io sarò sempre tua. Ho mutato il mio corpo in un altare sacro alle tue carezze e alle tue labbra, profondo altare di venerazione.

Io reco l’incisione della lama del tuo riso nel punto ove poso i miei occhi; il tuo riso carnivoro, mordace, che fa delle tue labbra un bocciolo di sangue, denso di bianche, lucide semenze.

Anuarì, il tuo sorriso è scempio e distruzione che reca morte ad ogni mia speranza, il tuo sorriso è per la mia mente come il lampo che stride nella notte. Madreperla e veleno distillati dentro il mio cuore per lasciarlo inerte.

V

Anuarì, io t’invoco, addormentata e ti vedo in un sonno senza fine. Un’ombra, sei, che sciama soavemente sul mio pensiero, tenebra divina delle tue ciglia, conserte come ali di farfalla, vellutata peluria alle tue occhiaie.

Sì, o mio Anaurì, una notte, la più beata notte della mia vita, sulla mia spalla riposò il tuo volto ed era così intimo il piacere, che il mio respiro musicò il tuo sonno.

Ti addormentasti, mia dolce creatura, dopo aver aggrinzito il mio cervello ed il mio cuore, con ansiose labbra di gioventù, simile a un’ape lussuriosa di nettare e profumo,

e queste tenebre delle tue ciglia sono come cortine che mi chiudono alla luce del sole e mi travolgono in confusa vertigine alle soglie del tuo grave Paese. Sì, una notte,

la mia unica notte, la più lieta, si chinò sul mio seno la tua fronte e vi raccolse il sogno delizioso ed il guanciale dell’eternità.

VI

Dal profondo silenzio il tuo guardare evoco, e gli occhi… e giaccio intirizzita, benché chiusi da morte, sono simili a un raggio che a un tratto si ridesta. In essi non ancora appassita la forza dell’incanto.
Sono due fari azzurri, che mi svelano bagliori di magnifico infinito; sono due stelle enormi e primitive, profondamente fisse al mio dolore, che crivellando ne fan grande l’orma sino ad apre una breccia sconfinata come un mondo. I tuoi occhi tanto amati, che furono il riflesso di questa tua bellezza silenziosa, vivono ancora dentro la mia mente, vita traendo dalla mia propria vita, e lucendo del fiotto inestinguibile delle mie lacrime, Anuarì. Così come lo sguardo tuo m’incatenò alla vita, mi spinge adesso alla tua sepoltura, provocando il mio grido di delirio. Calamite i tuoi occhi, di un abisso di cui sento feroce l’attrazione…

VII

Dalla profondità del mio pensiero la tua immagine sgorga avvolta dal mistero della morte, con l’aureola atterrita di un aldilà da sempre sconosciuto. T’invoco, tutta l’anima conchiusa su di te: ti chiamo e ho l’impressione che le tenebre e il tuo asso alato siano venate da lacerazioni come un uccello trafitto in pieno volo. Quando comprendo che non ti vedrò più, mi sale al cuore un fiotto di terrore, serrando la mia mente in un tragico involucro di vuoto, e una vaga impazienza di massacro sul piacere di vivere.

Tu, così forte e bello, col tuo viso sereno e la tua fronte sempre fissa al cielo.

Anuarì, il dolore non uccide, il dolore non reca la pazzia; ma sprofonda nell’anima come un corpo di piombo in un sisma infinito. Turbata, ascolto nelle lunghe notti l’eco della mia voce che ti cerca attendendo nel buoi una risposta. Poi, la nera realtà mi percuote furente. Forse l’anima tua pure è svanita? No! Ma com’è possibile che tanta forza, tanto ardore astrale, possa perire nell’eterno gelo?

María Teresa de las Mercedes Wilms Montt, da “Anuarì”, 1918, dedicata a Horacio Ramos Mejia, che, innamorato di lei ma consapevole non essere ricambiato, si uccide in sua presenza 

*****

Nata nel 1893 a Viña del Mar da una famiglia dell’alta aristocrazia, Teresa si scontra fin da piccola con la chiusura del suo ambiente, con la severità della madre, con un padre che non si rassegna all’idea di avere una femmina, anziché il maschio tanto desiderato, e che si ostina a chiamarla Mi Tereso.

A 17 anni, ribellandosi all’autorità dei suoi, sposa in gran segreto un giovane avventuriero, Gustavo Balmaceda e si trasferisce con lui a Santiago, immergendosi in pieno nel vivace ambiente culturale cittadino, finalmente libera dalle costrizioni familiari. Comincia a scrivere, usando lo pseudonimo di Thérése Wilms, anche se derisa dal marito per le sue velleità letterarie.

Da Santiago, la coppia si trasferisce a Iquique, una città che, con la scoperta di giacimenti di salnitro, era diventata uno dei centri pulsanti dell’economia cilena: qui Teresa prende coscienza, per la prima volta, delle durissime condizioni di vita degli operai e dei contadini, cominciando ad entrare in contatto con gli ambienti del femminismo e della politica e  sposando le idee anarchiche.

Per quanto devastata dalla gelosia, dalla brutalità e dai maltrattamenti del marito, torna con lui a Santiago, dove viene internata nel convento di Preciosa Sangre: a denunciarla è stato proprio lui, dopo la scoperta di uno scambio epistolare con suo cugino. A nulla valgono i ripetuti tradimenti ed i maltrattamenti subiti dal marito, nonché il fatto che Teresa avesse già chiesto il divorzio in precedenza. Chiusa in convento, separata dalle sue due bambine,  tenta il suicidio inghiottendo una fiala di morfina.

“Con le palpebre chiuse, alte le braccia,
quasi in mistica unzione,
l’anima mia si volse verso il cielo
implorando il riposo così atteso”.

Riesce a salvarsi, ma la direzione del convento, per evitare che potesse provare nuovamente a togliersi la vita, la chiude in una cella, dalla quale le viene consentito di uscire solo per un breve periodo di tempo e con l’unico scopo di implorare il perdono dei genitori. Teresa ne approfitta per tentare la fuga, anche se la prospettiva di separarsi per sempre dalle figlie le costa un dolore ed un senso di colpa inimmaginabili.

Ad aiutarla è il poeta ed amico Vicente Huidobro, che la porta con sé in Argentina, dove Teresa trova un’accoglienza affettuosa ed una vitalità culturale che le ricorda i giorni di Santiago. Qui pubblica  Inquietudes sentimentales e Los tres cantos, che incontrano il favore del pubblico e della critica. I fantasmi del suo passato, però continuano a perseguitarla e quando il giovane Horacio Ramos Mejia si uccide davanti ai suoi occhi, decide di andare al fronte, per prestare servizio volontario come crocerossina, facendo, però,  tappa a New York per prepararsi doverosamente  ai compiti che l’aspettavano. Durante il viaggio ha un nuovo crollo psichico e soltanto il tempestivo intervento di un passeggero le impedisce di suicidarsi. Arrivata in America, viene scambiata per una spia tedesca e solo dopo alcuni giorni di detenzione riesce a dimostrare la sua innocenza.

Tornata in libertà, rinuncia ai suoi piani per recarsi a Madrid, dove finalmente le viene tributato un pieno  riconoscimento delle sue opere e dove pubblica En la quietud del màrmol Anuarì.

”Anuarì, io t’invoco, addormentata e ti vedo
in un sonno senza fine. Un’ombra, sei,
che sciama soavemente sul mio pensiero,
tenebra divina delle tue ciglia, conserte come ali di farfalla,
vellutata peluria alle tue occhiaie.
Sì, o mio Anaurì, una notte, la più beata notte della mia vita,
sulla mia spalla riposò il tuo volto ed era così intimo il piacere,
che il mio respiro musicò il tuo sonno.

Eppure Teresa non trova pace: Buenos Aires e poi Londra, dove viene accusata di bolscevismo, arrestata e quindi espulsa; di nuovo la Spagna, che gira in lungo e in largo e poi la Francia, dove comincia una collaborazione con  la rivista La Guirlande. A Parigi, dove il marito era arrivato con la famiglia per svolgervi degli incarichi diplomatici, riesce finalmente a rivedere la figlie. “Era pazza di gioia per averci con noi” – ricorda la figlia Sylvia. La sua felicità, però, è di breve durata: quando i Balmaceda ritornano in Cile, Teresa, straziata dall’ennesima separazione dalle figlie, si toglie la vita con un’overdose di barbiturici.

L’anima mia si volse verso il cielo implorando il riposo così atteso.

E’ il 24 dicembre del 1921.

Teresa Wilms Montt

*****

Autodefinición de Teresa Wilms_Montt (Ciile 1893-1921)

“Soy Teresa Wilms Montt
y aunque nací cien años antes que tú,
mi vida no fue tan distinta a la tuya.
Yo también tuve el privilegio de ser mujer.
Es difícil ser mujer en este mundo.
Tú lo sabes mejor que nadie.
Viví intensamente cada respiro y cada instante de mi vida.
Destilé mujer.
Trataron de reprimirme, pero no pudieron conmigo.
Cuando me dieron la espalda, yo di la cara.
Cuando me dejaron sola, di compañía.
Cuando quisieron matarme, di vida.
Cuando quisieron encerrarme, busqué libertad.
Cuando me amaban sin amor, yo di más amor.
Cuando trataron de callarme, grité.
Cuando me golpearon, contesté.
Fui crucificada, muerta y sepultada,
por mi familia y la sociedad.
Nací cien años antes que tú
sin embargo te veo igual a mí.
Soy Teresa Wilms Montt,
y no soy apta para señoritas.”

 

Autodefinizione di Teresa Wilms_Montt (Cile 1893-1921)

“Sono Teresa Wilms Montt
e anche se sono nata cento anni prima di te,
la mia vita non è stata tanto diversa dalla tua.
Anche io ho avuto il privilegio d’essere donna.
E’ difficile essere donne in questo mondo.
Tu lo sai meglio di tutti.
Ho vissuto intensamente ogni respiro e ogni istante della mia vita.
Ho distillato una donna.
Hanno cercato di reprimermi ma non ci sono riusciti con me.
Quando mi hanno voltato le spalle, io ci ho messo la faccia.
Quando mi hanno lasciato sola, ho dato compagnia
Quando hanno voluto uccidermi, ho dato vita.
Quando hanno voluto rinchiudermi, ho cercato la libertà.
Quando mi amavano senza amore, ho dato ancora più amore.
Quando hanno cercato di zittirmi, ho urlato.
Quando mi hanno picchiato, ho risposto.
Sono stata crocefissa, morta e sepolta,
dalla mia famiglia e dalla società.
Sono nata cento anni prima di te
comunque ti vedo uguale a me.
Sono Teresa Wilms Montt,
e non sono adatta per le signorine.”

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