Casa di Monsignor Colombo. Porta di ingresso a destra, porticina di una cantina in prima a sinistra, porta di interno seconda a sinistra. Arredi, due scrivanie,una poltrona, tenda grande sul fondale che, alzata, darà luogo agli altri spazi dell’azione.
Colombo sta dettando una lettera al Perpetuo Serafino
SERAFINO – Dato in Roma, dì 22, del mese di ottobre dell’anno del Signore 1867
MONSIGNORE – Beatissimo padre, il sottoscritto, monsignor Colombo da Priverno, dichiara:
SERAFINO – Aspettate, prima mettiamo chi siete!
MONSIGNORE – Come chi so’?
SERAFINO – Giudice del tribunale supremo della sacra consulta….
MONSIGNORE – Dichiara…
SERAFINO – …Vescovo ausiliario di Itri, Sovilo e Castro dei Volsci…
MONSIGNORE – Dichiara!
SERAFINO – …Pretore del pontificio collegio di Ciociaria e terra di lavoro.
MONSIGNORE – A capo!
SERAFINO – A capo di cosa?
MONSIGNORE – Dei titoli! Sò finiti i titoli? Andiamo al fatto, Serafì!
SERAFINO – Ah, come volete voi. Dov’ eravamo rimasti?
MONSIGNORE – A “dichiara”..
SERAFINO – Dichiara?
MONSIGNORE – (pausa) Ah… Niente, ‘n dichiaro niente. Qui ce vò ‘na premessa di carattere generale.
SERAFINO – Cancello?
MONSIGNORE – Scrivi. Visto lo stato miserevole, in cui versa Roma, in questi giorni di angoscia e di paura…
SERAFINO – Di paura…
MONSIGNORE – …Porte della città murate a pozzolana… strade deserte, come se fosse scoppiato il colera… cannoni sulle piazze, barricate…(botto da fuori) daje! Pattuglie de Zuavi, che battono il selciato giorno e notte….
SERAFINO – Giorno e notte…
MONSIGNORE – Che hai lasciato aperto?
SERAFINO – Er periodo.
MONSIGNORE – No. Sento uno spiffero, una correntina d’aria…
SERAFINO – È tutto chiuso.
MONSIGNORE – E allora che è sto gelo che me corre su per filo della schiena?
SERAFINO – È quello che ve ce core da vent’ anni, almeno da quando ve conosco io.
MONSIGNORE – Bande garibaldesche che battono il contado… e la rivoluzione, che dentro e fuori le mura, incalza, al grido dissennato ‘O Roma, o morte!’,….
SERAFINO – A proposito, ma che sarà tutta sta smania de pija’ Roma, che se ne faranno poi?
MONSIGNORE – Gli Italiani?
SERAFINO – Sì, gli Italiani.
MONSIGNORE – Te ne accorgerai. (pausa) Ma visto altresì, beatissimo padre, il tuo silenzio…
SERAFINO – Ma je damo der tu ar papa?
MONSIGNORE – Beh tanto è n’ appunto, dopo ‘o correggemo.
SERAFINO – Il tuo silenzio…
MONSIGNORE – Davanti al massacro compiuto dagli Zuavi pontifici nel lanificio Aiani in Trastevere, là dove i tuoi eroi da presepio hanno scannato sedici Romani…
SERAFINO – Ma devo scrivere proprio così? Contestuale?
MONSIGNORE – Perchè non è vero?
SERAFINO – Va beh, va beh, tanto è un appunto, poi dopo correggemo.
MONSIGNORE – No. Questo rimane così
SERAFINO – Ma adesso ve la pigliate pure co li Zuavi, gente accorsa da tutto er monno pe’ risponne all’accorato appello del pontefice? Cristiani veri! De fede!
MONSIGNORE – (fa il segno dei soldi con le mani)
SERAFINO – Va beh, so’ pagati bene… però ce difendono!
MONSIGNORE – Contro Giuditta Tavani Arquati?
SERAFINO – E chi è?
MONSIGNORE – Una delle sedici vittime del lanificio.
SERAFINO – (critico) Aaah, annamo bene.
MONSIGNORE – Ma come… l’hanno scannata come ‘na capra, j’hanno infierito a baionettate sul cadavere, oh! Una donna di quarantadue anni, gravida, che te vie’ incontro col figlioletto al collo…
SERAFINO – (lo interrompe) E ‘a pistola ‘n mano.
MONSIGNORE – Ah, manco quella je volevi dà… Scrivi, scrivi…(butta documenti nel camino)
SERAFINO – Volete brucia’ la casa adesso?
MONSIGNORE – È la tua?
SERAFINO – Ah, pe’ mme potemo pure brucia’ ‘l tavolino, ‘e ssedie, tutto…
MONSIGNORE – Il sottoscritto! Eccettera, eccetera… ferito da questi avvenimenti, e dopo alcune notti passate insonne…
SERAFINO – Insonne…
MONSIGNORE – Insonne! Ad ascoltare la voce della coscienza e l’esplosione delle bombe alla Orsini, che ormai a Roma scoppiano dappertutto…
SERAFINO – Dappertutto…
MONSIGNORE – Però hai notato? Stanotte non s’è inteso manco un botto.
SERAFINO – Eh. Non è ancora detto…
(si sente una forte esplosione, al Monsignor cadono di mano le carte)
MONSIGNORE – Ma portassi pure iella, tu!
SERAFINO – Casomai so ‘n presago!
MONSIGNORE – Eh, lo stavo per dì pure io. (chiude la finestra, getta fogli a terra) Dov’eravamo rimasti? Ho perso il filo.
SERAFINO – Il discorso è sempre retto dal sottoscritto, e cioè da voi.
MONSIGNORE – Ecco. E qui riacchiappiamo “dichiara.”
SERAFINO – Dichiara?
MONSIGNORE – Dichiara fin da adesso la sua indisponibilità per i processi penali, che in conseguenza dei fatti ricordati, ipso facto, seguiranno. E prega pertanto la Santità Vostra, di esonerarlo per il prosequio dall’incarico di giudice, e da tutte le mansioni attinenti a esso ufficio.
SERAFINO – Ve chiamate fori?!
MONSIGNORE – Stiamo al “redde rationem”, Serafì. E’ il punto di arrivo di un lungo travaglio interiore.
SERAFINO – E proprio adesso?
MONSIGNORE – Eh sì, una crisi di coscienza mica sceglie il momento, arriva quando je pare a lei.
SERAFINO – E guarda caso v’ ariva quanno che stanno p’ ariva’ l’italiani. Sarà na coincidenza, ma se fossi papa io, me farebbe ‘na bruttissima impressione.
MONSIGNORE – Sarà una coincidenza, ma anche se fossi papa tu, io guarda caso, me so rotto li cojoni proprio adesso!
SERAFINO – Voi! Voi che siete sempre stato il più fedele servitore del trono e dell’altare… che avete punito con mano ferma e giusta i ribelli, l’assassini, i sicari! Voi non potete! Se adesso trema la mano a voi, è finita!
MONSIGNORE – Serafì… Qui non finisce perchè arrivano gli Italiani, qui, arrivano gli Italiani proprio perchè è finita.
SERAFINO – Io ‘n capisco.
MONSIGNORE – Non importa. Tu metti solo a chiude: prostrato come sempre al sacro piede, distinti saluti, Colombo da Priverno….(riferendosi al contenitore su cui ha fatto i sulfamidici) E butta quella zozzeria laggiù
Dal film “In Nome del Papa Re”, di Luigi Magni, 1977