Affabulazioni

Ritratto di Diego

23.05.2022

“Premetto che dipingerò il ritratto di Diego con colori che non conosco: le parole, e sarà, dunque, ben povera cosa; inoltre, amo Diego così profondamente da non poter essere una semplice “spettatrice” della sua vita, della quale sono parte, per cui esagererò forse gli aspetti positivi della sua personalità unica cercando di eliminare cose che potrebbero ferirlo, sia pur da lontano. Il mio non sarà neppure un racconto biografico: considero più sincero parlare solo del Diego che credo di aver conosciuto almeno un poco in questi vent’anni che ho vissuto accanto a lui. Non parlerò di Diego come di “mio marito”, perché sarebbe ridicolo; Diego non è mai stato, né sarà mai, il “marito” di nessuno. Nemmeno come di un amante, perché lui travalica i limiti sessuali, e se parlassi di lui come di un figlio, descriverei o dipingerei solo le mie emozioni, farei un ritratto di me stessa, e non di Diego. Con questa premessa, cercherò di dire l’unica verità: la mia, per cui, date le mie capacità limitate, mi limiterò ad abbozzare la sua immagine.

LA SUA FORMA: con la sua testa asiatica sulla quale nascono dei capelli scuri, tanto sottili e delicati da sembrar fluttuare nell’aria, Diego è un bimbo grandotto, immenso, con un volto amabile, e lo sguardo un po’ triste.
I suoi occhi sporgenti, scuri, intelligentissimi e grandi, sono trattenuti a fatica nelle orbite – quasi vi escono attraverso palpebre gonfie e prominenti, come quelle di un rospo, molto distanti l’uno dall’altro, più di altri occhi. Gli servono per abbracciare col suo sguardo un campo visivo amplissimo, come se fossero stati espressamente creati per un pittore di spazi e di folle. Tra questi occhi, così distanti l’uno dall’altro, affiora l’invisibile saggezza orientale e molto raramente un sorriso ironico e tenero, la parte più bella della sua immagine, abbandona la sua bocca da Buddha, dalle labbra carnose.
Vederlo nudo fa pensare a un bambino-rana, ritto sulle zampe posteriori. La sua pelle è bianco-verdastra, come quella di un animale acquatico. Solo le sue mani e il suo viso sono più scuri: il sole li ha bruciati.
Le sue spalle infantili, strette e rotonde, proseguono senza spigoli in braccia femminili, e terminano in mani meravigliose, piccole e di forma delicata, sensibili e sottili, che comunicano come antenne con l’intero universo. E’ incredibile che queste mani siano servite a dipingere un così gran numero di opere e che ancora lavorino  instancabilmente. Del suo petto bisogna dire che se fosse sbarcato sull’isola in cui regnava Saffo, non sarebbe stato ucciso dalle sue guerriere. La sensibilità dei suoi seni meravigliosi lo avrebbe reso bene accetto, sebbene la sua virilità, specifica e bizzarra, lo renda desiderabile anche in territori dominati da imperatrici avide di amore maschile. IL suo ventre enorme, liscio e morbido come una sfera, riposa sulle sue gambe forti, belle come colonne, che terminano in grandi piedi, aperti verso l’esterno sino a formare un angolo ottuso, come ad abbracciare tutta la terra e sostenersi su di lei incontrastato, come una creatura preistorica, nella quale emerga, dalla cintura in su, un esemplare di umanità futura, distante da noi due o tremila anni. Dorme in posizione fetale e durante la veglia si muove con elegante lentezza, come se vivesse in un ambiente liquido. La sua sensibilità, espressa nel movimento, fa sembrare l’aria più densa dell’acqua.
La forma di Diego è quella di un mostro affettuoso che la nostra ava, Antica Occultatrice, la materia necessaria ed eterna, la madre degli uomini e di tutti gli dei che gli uomini inventarono nel loro delirio originato dalla paura e dalla fame, LA DONNA – e tra tutte le donne IO – vorrebbe tenerlo sempre tra le braccia come un bimbo appena nato. […]

Le radici profonde, le influenze esterne e le cause reali che hanno determinato l’ineguagliabile personalità di Diego sono così vaste e complesse che le mie osservazioni saranno piccoli germogli negli innumerevoli rami dell’albero gigantesco che è Diego. Sono tre le linee principali o direttrici, che considero essenziali nel suo ritratto: la prima è il fatto di essere un combattente rivoluzionario fedele, dinamico, straordinariamente sensibile e vitale; lavoratore infaticabile nella sua arte, che conosce come pochi pittori al mondo; eccezionalmente entusiasta della vita e, al tempo stesso, sempre scontento per non essere riuscito a conoscere di più, costruire di più, dipingere di più. La seconda consiste nell’essere un eterno curioso, un indagatore instancabile di tutto, e la terza risiede nella sua mancanza assoluta di pregiudizi e dunque di fede, perché Diego – come Montaigne – riconosce che “là dove finisce il dubbio comincia la stupidità” e colui che ha fede in qualcosa ammette la propria sottomissione incondizionata, che  lo priva della facoltà di analizzare e di modificare il corso degli eventi. Per la sua consapevolezza della realtà, Diego è un ribelle, e per la sua perfetta conoscenza della dialettica materialista della vita è un rivoluzionario. Da questo triangolo, su cui si elabora la maggior parte delle caratteristiche di Diego, si sprigiona una sorta di atmosfera che avvolge tutto. Questa atmosfera mobile è l’amore, ma l’amore inteso come struttura complessiva, come movimento costruttore di bellezza. Io immagino che il mondo in cui Diego vorrebbe vivere sia una gran festa, a cui partecipino tutti gli esseri, dagli uomini alle pietre, dai soli alle ombre; tutti contribuirebbero con la loro bellezza, con il proprio potenziale creativo. Una festa della forma, del colore, del movimento, del suono, dell’intelligenza, della conoscenza, dell’emozione. Una festa sferica, intelligente e amorosa, che ricopra l’intera superficie della terra. Per realizzare questa festa, Diego lotta senza requie e offre tutto ciò che ha: l’immaginazione, la parola, l’azione. Lotta, in ogni istante, per cancellare nell’uomo la paura e la stupidità. Diego subisce continui attacchi per il suo desiderio profondo di contribuire a trasformare la società in una più bella, più sana, meno dolorosa e più intelligente e di mettere al servizio di questa Rivoluzione Sociale, inevitabile e positiva, tutta la sua forza creativa, il suo genio costruttore, la sua profonda sensibilità e il suo lavoro incessante. In questi vent’anni l’ho visto combattere contro il complesso meccanismo delle forze negative che si oppongono alla sua spinta di libertà e di trasformazione. Vive in un mondo ostile perché la maggioranza gli è nemica, ma questo non lo spaventa, e fin quando vivrà, dalle sue mani, dalle sue labbra e da tutto il suo essere emaneranno sempre nuovi, vivi, forti e profondi stimoli alla lotta.

Come Diego hanno già combattuto tutti coloro che hanno portato una luce sulla terra; come loro, Diego non ha “amici”, ma alleati. Quelli che trova in se stesso sono magnifici: la sua intelligenza brillante, la sua conoscenza lucida e profonda del materiale umano al cui interno lavora, la sua solida esperienza, la sua vasta cultura che non si è costruita sui libri, ma è induttiva e deduttiva; il suo genio e il suo desiderio di costruire, avendo la realtà come fondamento, un mondo libero dalla viltà e dalle menzogne. Nella società in cui vive sono suoi alleati tutti coloro che, come lui, hanno coscienza della necessità imperativa di distruggere le false basi del mondo attuale.

Ai vili attacchi che gli rivolgono, Diego risponde sempre con fermezza e grande senso dell’umorismo. Non scende mai a patti, né cede: affronta apertamente i suoi nemici – subdoli per la maggior parte, alcuni valorosi – basandosi sempre sulla realtà, mai su elementi di “illusione” o di “ideale”. Questa intransigenza e il suo atteggiamento ribelle sono fondamentali in Diego, perfezionano il suo ritratto.

Tra le tante cose che si dicono di Diego, le più frequenti sono queste: lo definiscono un mitomane, cacciatore di pubblicità e – la più ridicola – milionario. la sua pretesa mitomania è in stretta relazione con la sua incredibile immaginazione: è infatti bugiardo come i poeti o come i bambini che ancora non sono stati rimbambiti dalla scuola o dalla mamma. Gli ho sentito dire bugie di ogni genere, dalle più semplici alle più complesse, ricche di personaggi che la sua immaginazione mette in scena in situazioni e comportamenti surreali, sempre con una grande ironia e con un senso critico meraviglioso; non gli ho mai sentito dire una bugia stupida o banale. Mentendo, o giocando a mentire, smaschera molti, comprende il meccanismo interno di altri, molto più ingenuamente bugiardi di lui; e la cosa più curiosa delle presunte menzogne di Diego è che quanti sono coinvolti nella messinscena immaginaria prima o poi si arrabbiano non per la bugia, ma per la verità che è contenuta nella bugia, e che affiora. Così scatenano un vespaio: perché si vedono scoperti proprio sul terreno su cui si sentivano più protetti.

Frida Kahlo, da “Nel mio cuore, nel mio sogno”, 2014

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