Con il termine “norma” si indica qualcosa di usuale nella maggioranza.
La norma stravolge l’essere umano trasformandolo in un corno di ariete, lo costringe in una cornice prestabilita e blocca ogni accesso alla creatività.
È una palude in cui i futuri geni, titani e artisti muoiono senza potersi realizzare, dato che il comportamento da assumere è già stabilito a priori.
L’ambiente ci impone i modi in cui agire e fa pressione su di noi se osiamo ribellarci.
Ho l’impressione che l’umanità sia un’enorme società di ciechi.
Hanno istituito i loro comitati, i loro ministeri, i loro uffici che si occupano di qualcosa, si adoperano con zelo per raggiungere qualcosa, sono in movimento verso qualcosa.
La domanda è solo: verso dove?
Se il corpo cresce, ma la coscienza resta ferma allo stadio evolutivo di un bambino di cinque anni, l’individuo rimane per tutta la vita un consumatore.
Consumatori. Sì.
Nessuna idea personale in testa, ma solo cose premasticate da altri: opinioni, regole, giudizi provenienti dall’esterno. Una società di robot biologici rudimentali che si servono da soli.
La vita non ci sarà mica stata data per questo?!
Sprechiamo la vita per apprendere una qualche professione e per chissà cos’altro, ma abbiamo mai dedicato almeno un’ora alla conoscenza di noi stessi?
Perché in genere ne abbiamo paura e cerchiamo piuttosto di fuggire.
Conosciamo molte cose, ma non conosciamo noi stessi, per questo anche noi procediamo a tentoni nella vita come se fossimo ciechi.
Malati, frustrati, indifesi come bambini, indossiamo il dispendioso travestimento da zii e zie adulti e recitiamo un ruolo che dovrebbe darci dignità.
Chiunque sia il destinatario del nostro inganno, finiamo comunque sempre per imbrogliare noi stessi.
La massa tende sempre all’indolenza, il cui stadio finale è l’eterno riposo.
La massa è morta fin dall’inizio, può solo mangiare e partecipare a riunioni.
La vita, soprattutto nelle città, è un enorme teatro dell’assurdo in cui ognuno vive in base a valori artificiali e recita un ruolo a lui estraneo che gli è stato affibbiato, e resta intrappolato in questo gioco fino a smarrire se stesso e la propria irripetibile individualità.
Il fatto che un individuo sia un malato cronico significa che tutti i suoi pensieri e le sue azioni non corrispondono al principio della creatività.
Chi nella vita non si è realizzato come personalità autonoma si trova in difficoltà psichica e perde costantemente l’orientamento, cioè la sua visione del mondo è imperfetta sotto molti aspetti e i suoi punti di vista sono in gran parte fondati sul nulla.
Un malato cronico è un individuo che non si apprezza per niente o che al contrario attribuisce grande importanza ad ogni minimo graffio.
Per costoro un chiodo arrugginito in casa vale più della loro vita.
Essere naturali, essere se stessi, vivere in base ai propri veri sentimenti, percepire il mondo con l’anima aperta e non temere di essere rifiutato dagli altri, questa è la cosa più difficile.
La personalità autonoma dimostra sempre di essere un corvo bianco.
Quanto a lungo si può aspettare? Il tempo scade!
Non abbiamo ancora aperto del tutto gli occhi che la vita è già passata!
Quante vite abbiamo a disposizione? Ieri è passato. Finito, è già storia.
Ritroviamo qualcosa per cui ci siamo sentiti ispirati o con le ali ai piedi, o che ci ha dato la sensazione di essere al settimo cielo tanto eravamo felici.
Nulla che ci venga instillato dall’esterno, niente di adottato: abbiamo già tutto dentro di noi.
Cerchiamo di ottenere il meglio da questa ricchezza!
Essere sani è più facile di quanto si creda, basta far emergere dai fondali la nostra “personalità creativa”.
Dipende solo da noi. Tutto comincia con il riconoscimento dell’ essere umano dentro di noi.
Nell’antichità, in Oriente fu creato un sistema di conoscenza della vita umana logico e coerente.
Il sistema si basava sulla naturale capacità di ciascuno di noi di controllare il corpo e attivarne le risorse interiori.
I saggi e i guaritori curavano il paziente considerandolo un sistema intero, e ritenevano che il suo corpo fosse la casa dell’anima.
Per questo in Oriente la prima cosa da fare era sempre rimuovere la causa della malattia, guarire l’anima afflitta, riportarla in armonia con la natura, e tutto questo con l’aiuto della persona stessa.
Ascoltiamo attentamente la nostra anima. Prestiamo ascolto allo spirito e all’intelletto.
Realizzare, essere creativo, amare, essere amato, essere sano, ricco e felice in ogni rapporto: tutto questo ci è stato dato!
Possiamo cambiare il nostro stato psicofisico. Possiamo “rigenerarci” sviluppando le facoltà di modificare il nostro stato emotivo.
Possiamo imparare ad automotivarci positivamente, a cambiare noi stessi consapevolmente, ottenendo il ristabilimento del nostro organismo e l’aumento del piacere di vivere in senso fisico, psicologico e sociale.
Possiamo “ricrearci” intenzionalmente!
Coraggio. Da oggi quello che ci aspetta è diventare finalmente persone “anormali”.
Mirzakarim Norbekov, da “La Saggezza dell’Asino”, 2000
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Nell’immagine: Opera di Michael Sowa