Omaggio a Thelonius Monk
Parte uno
Parte uno
Mi chiamo Monk, Thelonius Monk
E ho qualcosa in testa che vi devo proprio raccontare
Ogni silenzio è diverso da un altro
Ci sono silenzi di cui non ci accorgiamo Altri che ci prendono alle spalle e ci imprigionano nel gelo
Silenzi che ci cullano E altri che ci riempiono di inquietudine Silenzi che rendono tutto più chiaro, come una vampata di luce
E silenzi oscuri, in cui brancoliamo storditi Silenzi in cui nasce una bufera di pensieri E silenzi che generano altri silenzi da cui altro silenzio nasce
Tra una parola e l’altra c’è sempre un breve silenzio In cui puoi sentire il respiro e il pensiero E nel concerto, una sola nota e poi silenzio E il silenzio dopo una nota diventa silenzio prima di qualcosa, silenzio che attende
Blues, urlo, sparo o voce amica La natura, la notte, la malattia, hanno musiche di silenzio
E così gli sguardi d’amore e la notte prima della battaglia
E ci sono silenzi che parlano
E altri che sì chiudono dietro di sé come una porta di acciaio
II silenzio dei malato nel letto E degli amanti che dormono II silenzio del crepuscolo con Nellie Della mia solitudine vicina e della tua voce lontana
Parte due
Pianoforte bianco e nero, strano frutto, dio toro di legno cuore enorme arterie di corde scatola magica miniera bara culla pronto a volare suonare chiamarti ingoiarti
Da piccolo suonavo una pianola meccanica, e fuori alla finestra di San Juan Hill grida di ragazzi della mia
età che giocavano a basket e musica meravigliosa nelle tubature della cucina, pazzia inevitabile dei pomeriggi di una grande città
Quelle voci e niente altro e un torrente pellerossa nel mio cervello secoli di blues e fame e paura e trionfo
un accordo irripetibile
Gli accordi della mia gente che ride o dorme si buca una vena spara danza sparisce ritorna II mio paese
nero e bianco capace di jazz e sedie elettriche
Vagando suonando precipitando a cavallo del dio toro di legno
Mozart Torazina barbiturici morfina dosi da schiantare un cavallo roba da nulla per me Nero bianco crepuscolo con Nellie bianca corsia e sudore lustro sulla mia fronte nera d’ebano
Un do o un do diesis qual è la differenza che cazzo vuoi nessuna nel gran bianco di tutti i suoni
Nel gran nero delle canzoni che abbiamo perso per strada
Parte tre
Pianoforte bianco e nero, strano frutto, dio toro di legno cuore enorme arterie di corde scatola magica miniera bara culla pronto a volare suonare chiamarti ingoiarti
Circa verso mezzanotte in una strada della Bowery vidi un buco pauroso che si muoveva e ruotava E il frastuono come l’acqua che va giù da un tombino Come si spalanca talvolta la cassa del pianoforte immensa pronta a ingoiare il mio corpo in bilico E mi ci buttai dentro con un grido di gioia E feci una pazza danza circolare dei pellerossa quando aspettano la pioggia una donna un bisonte o una
pallottola della polizia
Non ne sono venuto mai fuori, forse son rimasto lì una grotta, un buco misterioso nascosto in una strada della più gran città del mondo ci passate vicino e non lo vedete
Quante cose che io ho visto voi non vedete Nero bianco sdraiato su una musica piena di spigoli e schegge che non mi fa dormire
Con le note che mi beccano gli occhi e carezze dolcissime e insopportabili per quanto le rimpiangerai Tra gli sputi dei razzisti le ingiurie le bollette da pagare e un Salieri in smoking
In locali tossici in angelici locali fumosi con amici dagli occhi addolorati e febbrili
Serpenti nei sassofoni e contrabbassi con dentro stanze e stanze e stanze
Amici che morivano e dischi che tagliavano il tempo in due come spade
Parte quattro
Pianoforte bianco e nero, strano frutto, dio toro di legno cuore enorme arterie di corde scatola magica miniera bara culla pronto a volare suonare chiamarti ingoiarti
Tutto già previsto nelle note lontane della pianola di San Juan Hill
Nelle voci dei ragazzi neri fuori dalla finestra Nel mio paese che fa il jazz e le sedie elettriche Negli strani frutti appesi agli alberi del Sud Nelle gang di quartiere nei graffiti nelle nuove musiche io ho visto tutto e ora…
E ora senza più parole Senza più tasti
Senza più nulla se non la mia fronte che brucia per questo splendore terribile
Per questa solitudine bianca e nera nera e bianca E santa Billie santo Bud santa la mia nerissima candida anima
Senza più il mio corpo in bilico sul piano come su un abisso e le mie danze pellerossa in tondo aspettando
l’ultimo tuono
Nel silenzio di ogni ricerca e di ogni definizione Nella fine delle parole spietate, delle condanne a morte e delle sentenze di guerra
Preciso silenzio finalmente amico degli uomini, simile agli uomini
Negli strumenti posati che rientrano nelle custodie
Nell’erba che di nuovo cresce tra le macerie Là dove nessuno può rispondere se non diventando silenzio
Là dove ogni dire è già detto
Senza più parole spietate, condanne a morte e silenzio di prigioni
II mistero è svelato e ci avvolge in silenzio, preciso silenzio finalmente amico degli uomini, simile agli uomini
The player is finished La conversazione è finita Buonanotte dolci signore, buonanotte Fate silenzio Ascoltate
Cosa serve parlare spiegare e prendere medicine, addormentarsi e svegliarsi
Santa Bilie santo Bud cosa serve ancora parlare
Quando si sa suonare così
Stefano Benni, “Misterioso” (Omaggio a Thelonious Monk), da “Teatro 2”
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Foto di Sonia Simbolo