Affabulazioni

I misteri della stupidità

12.06.2022
“Quella che segue è una tassonomia senza pretese di completezza, ma può essere utile per differenziare le imbecillità comuni e le stoltezze eccentriche, le idiozie arcaiche e le neo-cretinerie – quelle che non ricadono nelle categorie consolidate. Insomma, una specie di bussola per orientarsi nel labirinto dell’umana scemenza.
Stupidus Stupidus: quello etimologico, che conserva tutto lo stupore originario, il balordo (ovvero bis-luridus, due volte impallidito dallo stupore), il basito; forse il grullo, quello che ciondola il capo senza capire, stretto parente del gonzo, cioè il [vere]cundius, colui che si vergogna; il babbeo, colui che balbetta perché ha perso le parole per lo stupore, e i suoi parenti babbio e babbione.
Stupidus Geographicus, quello a denominazione d’origine controllata, il beota, il taìcio, il crucco, il farlocco, il gaggiàn, il fano. Rientra forse in questa categoria (di cui costituirebbe dunque una sotto-categoria) lo Stupidus Onomasticus, quello identificato con un nome di battesimo (forse tipico dei contadini): il bartolomeo, il ciro, il gino, il toni, il vincenzo (che nel gergo della mala è il tonto da imbrogliare), l’ambroeus; unica femmina, forse a riprova della diabolica astuzia del sesso debole, la carlotta. Il marco dovrebbe in apparenza rientrare nella categoria, ma quello, più che un nome proprio, pare fosse l’appellativo con cui gli zingari chiamavano il loro asino, e dunque dovrebbe ricadere nella quinta categoria.
Stupidus Misticus, ovvero Cretinus (nel senso etimologico di cristiano), che si interseca per certi aspetti con la categoria precedente; ne sono esempi sant’Alipio e sant’Antonio (che però sono anche parenti dello Stupidus Stupidus: «el me par un sant Alipio a la colonna» si dice a Venezia pensando a una statua collocata sopra una colonna nella basilica di San Marco; mentre in Ticino lo stesso concetto ha trovato quest’espressione: «u sumea un sant’Antoni de gess»); e ancora il san Marcone o il povero Giobbe. In una più ampia derivazione biblica, la categoria abbraccia anche l’angelo, l’apostolo, il mardocheo, il maccabeo, il taddeo, il caldeo, lo zebedeo (vedi però anche qui sotto lo Stupidus Sexualis), il babbacucco, il quacchero, il badanai e il barabba.
Stupidus Vegetalis, comprendente il bietolone, il banano, il broccolo, il pinolo, la zucca (naturalmente vuota, oppure nella forma accrescitiva di zuccone); nel milanese coltivano il balòss (che nel dialetto romagnolo sarebbe la castagna lessata, cibo di cui s’ingozzava il povero balòss; balòss è anche la vulva) e il badée (dallo spagnolo badea, melone d’acqua). A metà strada con la prossima categoria, troviamo il castrone.
Stupidus Bestialis, la bestia, il bestione, quello che tradisce la propria stretta parentela con alcuni qualificati rappresentanti del regno animale; soprattutto i pesci, o meglio i boccaloni, apprezzati per la loro tendenza ad abboccare a tutte le esche; a Genova e dintorni pare si tengano seminari sulle sottili differenze tra le stupidità del cefalo, del nasello, della seppia, del tonno, della tinca (nel gergo dei comici la tinca è la «spalla» di quello che fa ridere). Sono ben rappresentati – grazie alla loro proverbiale testardaggine – anche l’asino e i suoi parenti mulo, somaro e ciuco; poi il bue e tra i volatili il pollo, la gallina, il piccione, l’oca e il tordo.
Stupidis Sexualis, quello che con ogni evidenza concentra le proprie facoltà intellettuali nell’organo genitale maschile, che si tratti di baggiano, belinone, bischero, cazzone, ciula, coglione (o rincoglionito), minchione, zebedeo, piciu, pirla (con l’affettuosa variante pistola). Va notato che l’organo sessuale femminile (così come il deretano in tutte le sue varianti) viene raramente associato alla stupidità (tra l’altro quando indica lo scemo «la mona» diventa «un mona»): un dato cui varrebbe la pena di dedicare una riflessione più approfondita.
Stupidus Deficiens, quello cui manca qualcosa, o che ha subito una sorta di rottura, di danno: il deficiente, per l’appunto, ma anche il demente, lo scervellato, l’insipiente (cioè privo di sapienza), lo scemo, lo scempio, lo sciocco – che, come l’insulso, è quello etimologicamente insipido, senza sale in zucca. In omaggio alle teorie della complessità attualmente in voga, va citato il semplice. Senza dimenticare lo zero e il nullo, dove la deficienza è totale. In questa grande famiglia potrebbero forse essere inserite le prossime due sottocategorie.
Stupidus Technologicus, in cui il danno è dovuto a un qualche accidente elettrodomestico; vedi il tarato, il fuso, il fulminato, il surgelato, l’impagliato, l’imbranato (dove si fa riferimento alle cinghie che imbrigliavano i muli). La categoria merita un’attenzione particolare, perché la sua mera esistenza conferma che gli stupidi possono evolversi, progredire, restare al passo con i tempi e le nuove tecnologie. L’avvento dei computer offre notevoli prospettive di espansione dei cretini: le più fortunate collane di manuali e guide all’uso dei personal sono state lanciate perché adatte ai tonti (i manuali «for dummies», che nella versione italiana stati tradotto in maniera sintomatica «senza fatica», e in quella francese «pour le nuls») e agli idioti (la collana «for idiots»). Milioni di dummies e idiots del mondo intero si sono sentiti in dovere di acquistarli.
Stupidus Musicalis, che comprende lo stonato, lo stordito, il suonato.
Stupidus Geometricus, ovvero l’ottuso, il piatto, ma anche l’ebete, che viene dal latino hebes, cioè smussato, ottuso.
Stupidus Metereologicus, come lo sventato; ma anche il fool, dal latino follis, ovvero «borsa gonfia d’aria, mantice», e il buffone, dal verbo buffare – cioè soffiare – del vento.
Stupidus Culinarius, un ibrido tra lo Stupidus Vegetalis e lo Stupidus Technologicus, che comprende tra gli altri il salame, il bollito, il maccarone e lo gnocco.
Stupidus Ironicus, un vero Genio, un Cervellone.”
Oliviero Ponte di Pino, da “I misteri della stupidità attraverso 565 citazioni”, 1999
*****
Vignetta di Massimo Cavezzali

Lascia un commento