Il Sinceropatico
È colui (o colei) che ha deciso di non tenersi dentro nulla, perché è fatto/a così: diretto, come un pugno alla mascella. Di solito esordisce con “posso essere sincero?”, tipo i vampiri che per entrare in casa e saltarti al collo devono essere invitati. La risposta giusta sarebbe “no, ti prego, continua a mentirmi per farmi piacere, mi piace la rasserenante ipocrisia che sottende il nostro rapporto”. E invece lo inviti a continuare e lì di solito parte un violentissimo tsunami di merda. Intendiamoci, io apprezzo la schiettezza, ma trovo che in nome della sincerità e della coerenza siano stati commessi i peggiori crimini contro l’amicizia e le relazioni umane. Fare uscire dalla bocca senza filtri tutto quello che ti è rimasto sullo stomaco, letteralmente non è la definizione di fare chiarezza, ma di vomitare.
L’unica reazione possibile all’attacco del sinceropatico è la tanatosi. Dicesi tanatosi la strategia comune nel mondo animale di fingersi morti per sfuggire all’attacco nemico e talvolta adottata anche dagli uomini per evitare di andare all’Ikea. È una tecnica decisamente più efficace dell’affine testa nella sabbia degli struzzi. Anche perché gli struzzi avranno pure la testa al sicuro, ma il culo resta a novanta.
Il periodaccidioso
Quello che non è mai il momento per andare d’accordo, perché ha troppi problemi e quindi si sente giustificato a trattarti come se tu fossi tra quelli. Lasciamo perdere, è un periodo di merda: lo stress del lavoro, poi ci sono i miei, devo pagare le bollette, la coda alle poste, l’INPS… Amici periodaccidiosi, non si chiama “periodo di merda” si chiama “vita”, fatevene una ragione, è a tutti gli effetti una rottura, ma tanto passa.
Il monolite
Alla richiesta di buttare la spazzatura ti zittisce con “non provare a cambiarmi, sono fatto così”. Caro il mio monolite, tutto il tuo corpo è fatto della stessa materia elastica e manipolabile delle maniglie dell’amore (o delle trippe post-gravidiche), perché non lo dovrebbe essere il carattere? Mia nonna diceva “chi nasce quadrato non muore rotondo” e ok, posso anche essere d’accordo, ma una smussatina qua e là male non fa, datti degli obiettivi intermedi, che ne so, diventare dodecaedrico. Altrimenti ho scoperto un modo efficace e incontrovertibile per cambiare qualcuno, cambiarlo con qualcun altro. Funziona.
Il passivo aggressivo
Di fronte al litigio sembra ragionevole, si prende le proprie responsabilità ed è anche capace di chiedere scusa. Non sembra vero e infatti non lo è e lo capisci quando dice: hai ragione, non sei tu, sono io. E sparisce per sempre. Mentre va via aggiunge “ah, quando ho detto scusa ho sbagliato, volevo dire suca”.
Il rivangatore
Tutto quello che hai sbagliato, anche la versione di latino alla matura, verrà usato contro di te, non c’è prescrizione che tenga. Grazie alla sua memoria elefantiaca il rivangatore risponde a qualsiasi discussione riaprendo vecchie ferite all’urlo “però tu quella volta hai detto, però tu quella volta hai fatto…” e così che ogni piccolo alterco si trasforma in una puntata di “REVANGA” la serie.
Il maturo
Affronta il litigio facendo tesoro di quel che dici e te lo dimostra rispondendo punto a punto con lucidità, sviscerando il problema in vista di una soluzione condivisa. Argomenti che potrei sintetizzare in un’unica profonda riflessione: “specchio riflesso se ti muovi sei un fesso” o anche “chi lo dice lo è, mille volte più di me”. I maturi sono i miei preferiti.
Enrica Tesio, “Elementi per una fenomenologia del litigioso”, 23 agosto 2015 – Fonte: tiasmo.wordpress.com
*****
Nell’immagine: Illustrazione digitale di Rob Hodgson