“Politica? Non ho nessuna voglia di parlarne.
Religione? Non c’è argomento più delicato di quello.
A dire la verità non ho voglia di parlare di niente.
Ho uno di quei cuori gonfi che sembra una pagnotta rimasta a mollo in un fosso, da due giorni.
Posso dirti questo, questo sì: vorrei un politico che faticasse a comprare il necessario per la scuola dei figli, che per far loro un regalo risparmiasse tutto l’anno, che si mettesse la sera con ago e filo perché a comprargli una cosa nuova ad ogni stagione non ce la fa e bisogna fare i miracoli per accontentarli come si può. Uno che quando prenota una visita per il proprio bambino si senta dire che i tempi d’attesa sono incredibili, come capita a me e non possa protestare, come capita a me.
Mi piacerebbe un primario che il dolore lo conosca, uno che quando passa tra i letti ti guardi davvero, uno che magari ti chiami anche per nome. Uno che riesca a capire come si contorce il cuore quando si hanno certe paure e come si abbia bisogno di una voce molto morbida quando si sta tra lenzuola molto ruvide, con un numero scritto sulla testiera del letto.
Vorrei una signora che quando riforma la scuola si ricordi che a scuola ci vanno delle piccole creature chiamate bambini e che vengono prima d’ogni altra cosa.
Desidererei che chi sbandiera i diritti dei lavoratori avesse – almeno qualche volta – lavorato; conoscesse quella stanchezza e quella disperazione di chi non sa come pagare un apparecchio per i denti, un’ecografia, una medicina troppo cara. Di chi ha un male addosso ed una sfinitezza che non ce la fa neanche a dormire e se s’addormenta sogna i debiti, o una vita migliore.
E magari che chi parla di dignità non se la sputtanasse al telefono, quando se la ride alle spalle dei morti; quando si sfrega le mani pensando a come lucrare sul prossimo disastro previsto, annunciato, quasi programmato.
Di cosa vuoi che possa parlare , se tutto si riduce ad un vorrei? O a qualche perla di demagogia da snocciolare al bar, pensando di sembrare saggi?
Allora lasciami nel mio mondo d’erba e biancospino o nei miei mattini di spuma di mare a raccogliere legni sbattuti dall’acqua; che mi somigliano per come m’ha sbattuta la vita, che ringrazio sempre e comunque, perché nella disperazione mi ha lasciato la capacità di non perdermi la bellezza del passero, né delle prime foglie rosse d’inizio ottobre. Lasciami a parlare di ciò che conosco.
Conosco l’amore, una cosa grande. Più grande anche di me, che sono come il fiato sopra i vetri.”