“Mostratemi una cosa al mondo che sia più bella delle nuvole!
Sono gioco e conforto agli occhi, sono benedizione e dono di Dio, sono collera e potenza mortale.
Sono tenere, delicate e pacifiche come le anime dei neonati, belle, ricche e generose come angeli buoni, scure, inesorabili e spietate come gli araldi della morte.
Si librano argentee a strati sottili, veleggiano ridendo bianche e orlate d’oro, si soffermano a riposare tinte di giallo, di rosso e d’azzurro.
Strisciano sinistre e lente come assassini, passano sibilando a rompicollo come folli cavalieri, pendono tristi e sognanti in pallide altezze come malinconici anacoreti.
Assumono la forma d’isole beate e di angeli benedicenti, somigliano a mani minacciose, a vele schioccanti, a gru trasmigranti.
Si librano fra il cielo di Dio e la povera terra come belle similitudini dell’umana nostalgia, appartenenti all’uno e all’altra, sogni della terra, nei quali la loro anima contaminata si stringe al cielo puro. Sono l’eterno simbolo del viaggiare, della ricerca, del desiderio e della nostalgia.
E come pendono pavide, desiderose e caparbie fra cielo e terra, così le anime umane pendono pavide, desiderose e caparbie fra il tempo e l’eternità.
Oh, le nuvole belle, sospese, instancabili!
Ero fanciullo, ignorante, e le amavo, le guardavo e non sapevo che anch’io sarei passato come una nuvola attraverso la vita, migrando forestiero dappertutto e sospeso fra il tempo e l’eternità. Fin dall’infanzia mi sono state care amiche e sorelle. Non posso passare per la strada senza che ci scambiamo un cenno, che ci salutiamo e ci soffermiamo un istante a guardarci. Né ho dimenticato ciò che allora da esse imparai: le loro forme, i colori, i lineamenti, i loro giochi, le danze e i riposi e le loro strane storie terrene e celesti.”
Hermann Hesse, da “Peter Camenzind”, pubblicato a puntate sulla “Neue Rundschau”, el 1903, e in volume nel 1904
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Nell’immagine: Morten Lasskogen (@iammoteh), arte digitale.