“Perché i fotogrammi migliori, poi, sono quelli che non ti aspetti. I fotogrammi migliori sbucano, arroganti e non richiesti, dal flusso del tempo. Quando invece metti in posa la tua vita, si nota lo sforzo, spicca lo sfarzo. L’ansia di fermare un’emozione contratta. E allora i sorrisi e la gioia si cristallizzano in un ghigno. Mentre le scene migliori, poi, sono quelle che spuntano dal niente. Da quando siamo avvezzi a immortalare ogni momento più o meno inutile dei nostri giorni, noi tutto questo lo sappiamo bene.
Noi, che tra qualche tempo avremo più foto che anima.
In uno scatto sfocato c’è un bosco incendiato, poco sopra la marina, fotografato da una trentina di metri intorno alle undici di sera. Nel mentre del fuoco. Ed è un fuoco fuori fuoco. Questo è ciò che intendo. Oppure: in un autoscatto sfocato ci siamo io e te su un divanetto alla moda, in un locale alla moda. I nostri due visi liquefatti in un selfie improvvisato. Il nostro fuoco fuori fuoco. Il nostro amore scontornato.
È lì che affiora la sostanza dell’istante, della bellezza e della durata strozzata. Quando cogliamo, per chissà quale miracolo, il tempo fuori tempo. Con i tratti e le luci che scavalcano con un salto mortale invisibile la loro stessa apparente persistenza.
Non è bello ciò che è bello. È bello ciò che è bello nel mentre in cui mostra, senza troppi complimenti, di stare per sempre scomparendo.”
Stefano Zuccalà, da “La voce armata”, 2021
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