Affabulazioni

Compagni di viaggio

06.08.2022

“Il primo amico è stato Leo, pastore maremmano, tutto pelo e vivacità.  Dopo Leo è arrivata Ciompa, soriana abbandonata che ci regalò tre gattine, Poppona, Pussy  e Cirilla, che a sua volta ebbe Cicino. È stato con me dal 1932 al 1943; ho studiato con lui accoccolato sulle mie ginocchia, dalla prima media fino al terzo anno di
università.
Durante la guerra riuscì a compiere un’impresa storica. Il cibo era razionato, ma si infilò nella casa di un federale e gli rubò una forma di pecorino. Con quel pezzo di formaggio in bocca più grande di lui riuscì a tornare a casa. Ma lo videro e dovetti restituire la forma. Lui ci rimase così male che per consolarlo gli cedetti la mia razione di cibo. Nel 1943 purtroppo sparì all’improvviso – erano tempi duri – Cicino era grassottello e temo sia finito in qualche pentola.
Poi Smeraldina, una micia rossa con occhi verdi magici, che stava accanto a me di notte mentre ero al telescopio a Merate.   A Trieste con Aldo abbiamo incominciato ad occuparci di gatti randagi, affamati ed inselvatichiti, nel giardino di casa. C’era Buricchia, che non sopportava il ticchettio della macchina da scrivere. Poi Checca, una micina nera che mi scambiò per sua mamma. A diciotto anni morì serenamente. Poi Geppetta, la gatta più intelligente. Capiva tutto, sembrava umana ed era bellissima, grigia e striata, con un aspetto quasi  regale.
Il destino mise sulla mia strada un altro cane, Dick. Alla sua morte lasciò un grande vuoto. Aldo ed io trovammo nel 1979 un lupetto impaurito e affamato, legato con un filo elettrico in una strada vicino a casa, malconcio e tenuto dal due ragazzi che lo trattavano malissimo. Chiesi loro cosa volevano per lasciarcelo. Mi risposero senza tanti preamboli: duecentomila lire! Pagai senza discutere e lo portai via subito. Aldo però andò a denunciarli per maltrattamento di animali e furono multati con una  cifra di gran lunga superiore a quella che ci avevano estorto.
Poi adottammo un incrocio tra un dobermann e un rottweiler. Lara. Affettuosissima. Dal primo giorno volle dormire nel nostro letto. Otto mesi dopo morì per filaria.
Nello zoo familiare c’è anche un pappagallo cinerino. Arrivò contro ogni mia volontà, perché non amo vedere uccelli in gabbia. A donarmelo fu Bobo, un ricercatore tornato dall’Africa. Lo battezzai Bobo. In poco tempo diventò domestico. Fischiava, cantava e ripeteva le parole che gli insegnavamo. Un giorno scomparve per non tornare mai più, probabilmente finì in bocca a qualche gatto.
Ho  combattuto contro la vivisezione. E non mi stancherò mai di farlo. È una pratica che ingrassa aziende farmaceutiche e allevatori di cavie, non solo invano, ma anche dannosamente, visto che nella maggioranza dei casi gli esperimenti su ratti, anfibi o cani servono solo a deviare la ricerca verso strade a senso unico, con obbligo di marcia indietro  e ripetizione del percorso.”

Margherita Hack

Lascia un commento