Affabulazioni

La bastarda di Istanbul

09.08.2022
“Nella sala d’attesa c’erano un uomo quasi calvo e tre donne mal pettinate. La più giovane sembrava la meno preoccupata, intenta com’era a sfogliare languidamente le pagine di una rivista. Doveva essere venuta per farsi rinnovare la ricetta della pillola. La bionda paffuta vicino alla finestra era sulla trentina, con la ricrescita scura che implorava una tinta. Si agitava vagamente nervosa, con la mente altrove, e forse era lì per un controllo di routine o per il Pap test annuale. La terza, che aveva il capo coperto ed era accompagnata dal marito, sembrava molto turbata, con gli angoli della bocca piegati all’ingiù e le sopracciglia aggrottate. Zeliha decise che aveva difficoltà a rimanere incinta. E quello poteva ben diventare un problema, si disse, a seconda del punto di vista. Per quanto la riguardava, non considerava certo l’infertilità tra i guai peggiori che potessero toccare a una donna.
“Buongiooorno signorina!” cinguettò l’infermiera alla reception, esibendosi in un sorriso stupido e falso talmente rodato da non sembrare più né stupido né falso. “È l’appuntamento delle tre?”
Sembrava che avesse qualche difficoltà a pronunciare la lettera R, e per compensare allungava le vocali, alzava la voce e aggiungeva un sorriso extra ogni volta che la sua lingua inciampava in quella malaugurata consonante. Per risparmiare lo sforzo, Zeliha annuì in fretta e forse con troppo entusiasmo.
“Motivo della visita, signorina Appuntamento delle tre?”
Zeliha cercò di ignorare l’assurdità di quella conversazione. Per parte sua, era completamente incapace di manifestare quel genere di cordialità incondizionata e onnnicomprensiva. Certe donne non facevano che sorridere; sorridevano sempre e comunque, con spartano senso del dovere. Zeliha continuava a chiedersi come si potesse arrivare a compiere con tanta naturalezza un atto così innaturale. Ma confinò la questione in un angolo della mente e rispose: “Per un aborto.”
La parola rimase sospesa nell’aria, e tutti aspettarono che si posasse.”
Elif Shafak, da “La bastarda di Istanbul”, 2006

Lascia un commento