Linguaggi

Fernando Bandini: il dialetto nella poesia

10.08.2022

I dialetti, queste tante lingue che l’Italia parla. O sarebbe meglio dire “che le Italie parlano?

Fernando Bandini considerava il dialetto della poesia come “una lingua della memoria“,  archetipo dell’infanzia, quasi una sorta di lingua archeologica.
Il suo è il dialetto di Vicenza, dove era nato nel 1931 e dove, dopo una lunga malattia, scompare nel 2013: Vicenza, la sua  “Aznèciv“, l’anagramma con cui amava chiamarla: “Contemplo Aznèciv chiusa nella ghiera
del suo celeste breve e circoscritto”.

“Sta lingua la xe quela
che doparava me nona stanote
vardandome da dentro la soàsa.
La boca stava sarà, le parole
mi le sentiva ciare.

Me nona
la ga imparà sta lingua da le anguane
che vien zo da le grote
co sona mesanote
caminando rasente le masiere:
e da le róse
dove le lava fódare e nissói
se sente ciof e ciof sora le piere
e te riva un ferume de parole
supià dal vento
che zola par le altane.

Me nona
se ga levà na note co le anguane
par vegnere in sità.
Par paura dei spiriti che va
de sbrindolon tel scuro
la diseva pai trosi la corona.
La xe rivà de matina bonora:
subito dopo un brolo de pomari
ghe iera case e case da ogni banda.

La domandava el nome de na strada,
scoltando na sirena
la xe rivà in filanda.
«Senti sta tosa come che la parla»,
i pensava vardandola tei oci
i botegari e i coci,
«la pare un stelarin che vien dai orti»…

Sta lingua
la so ma no la parlo,
la xe lingua de morti.”

Fernando Bandini, “Sta lingua”

“Questa lingua è quella che mia nonna adoperava stanotte
guardandomi da dentro la cornice.
La bocca restava chiusa, le parole
io le sentivo chiare.
Mia nonna
ha imparato questa lingua dalle fate d’acqua
che scendono dalle grotte quando suona mezzanotte  camminando rasente le muricce;
e dalle rogge dove lavano fodere e lenzuola
si sente ciof e ciof sulle pietre
e ti arriva una polvere di fieno di parole
soffiata dal vento
che vola attraverso le altane.

Mia nonna
si è alzata una notte assieme alle fate d’acqua per venire in città.
Per paura degli spiriti che vanno
a zonzo nel buio
diceva per i sentieri il rosario.
È arrivata di mattina presto:
subito dopo un brolo di meli
c’erano case e case da ogni parte.

Chiedeva il nome di una strada,
ascoltando una sirena
è arrivata in filanda. «Senti come parla questa ragazza»,
pensavano guardandola negli occhi
i negozianti e i fiaccherai, «sembra un fiorrancino che viene dagli orti»…

Questa lingua io
la so ma non la parlo,
è lingua di morti.”

*****

Nell’immagine: Lorenzo Quinn, “Venezia”

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