“Forse la vita è questo… un battito di ciglia e stelle ammiccanti.”
Jack Kerouac, dalle lettere
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Passo come quella stella
“Passo come quella stella
scivolo nella luce che non è luce
dietro l’orizzonte, oblio,
dove incontri l’altra notte.”
Leah Goldberg, da “Lampo all’alba”, 2022 – Traduzione di Parola Messori
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Endmion (anche noto come Lee Jong-suk), artista coreano
X Agosto
“San Lorenzo, io lo so perché tanto
di stelle per l’aria tranquilla
arde e cade, perché si gran pianto
nel concavo cielo sfavilla.
Ritornava una rondine al tetto:
l’uccisero: cadde tra spini:
ella aveva nel becco un insetto:
la cena de’ suoi rondinini.
Ora è là, come in croce, che tende
quel verme a quel cielo lontano;
e il suo nido è nell’ombra, che attende,
che pigola sempre più piano.
Anche un uomo tornava al suo nido:
l’uccisero: disse: Perdono;
e restò negli aperti occhi un grido:
portava due bambole in dono.
Ora là, nella casa romita,
lo aspettano, aspettano in vano:
egli immobile, attonito, addita
le bambole al cielo lontano.
E tu, Cielo, dall’alto dei mondi
sereni, infinito, immortale,
oh!, d’un pianto di stelle lo inondi
quest’atomo opaco del Male!”
“Parlerò solo alle stelle.
Sono pazza forse
ma proseguo il discorso
che facevo da bambina
parlando senza parole
non sapendo parlare.
Di me invece loro sapevano tutto:
il loro tacere non è mai stato muto
sta nel pulsare universale.
Davanti alle stelle
che frusciano come le foglie
dei cespugli
sono sola tutta notte
tutta notte io scintillo
sorrido
guardo lontano
vedo e non
vedo.
Non siamo nati nella follia?
Non appena iniziò a muoversi
il Tempo
trascinando
astri e polvere.
Sparpagliati nello spazio
i suoi semi
non fiorivano.
Niente e nessuno
fioriva.
L’ombra
era uno specchio vuoto.
Se parlo alle stelle
so di parlare ai morti
perché a noi
tocca solo l’immagine
slontanata
della vita.
E mentre sono qui
sono morta da un’altra parte
o forse non esisto
non esisterò mai.
Ma adesso sono chi?
Stanotte la terra
va traversando lo sciame
delle Perseidi.
che ci sembrano più vicine.
Allora
io volo verso le stelle
lasciando cadere la casa
dietro le spalle
come un abito usato
e il mio cervello adesso
è così leggero
nel vento siderale
che mi prende e porta
Mi sento dolcemente fredda
non ho bisogno di niente.
Tutto ciò che vedo o non
vedo nasce
e muore lontano.
Prima.
Dopo.
Mai adesso.
Mai ci sono arrivi
e partenze.
Mai c’è il presente
Nessun volo raggiunge l’altro.
Oppure
tutto è presente e fermo.
Il mio corpo e le stelle morte
che si rappresentano
qui
in una vita finta.
Qualcuno
in questo momento
guarderà come me le stelle
attenderà di finire
con gli occhi puntati in alto.
Chi vuole morire
dentro un letto stretto
morire
sotto il soffitto di una casa?
Guardando le Perseidi
in questa lunga notte d’agosto
guardandole e sperdendomi
raggiungerò l’estasi raggiungerò
quel punto nel cielo
che risponde al mio cervello antico
alla terribile infanzia primordiale
chiusa dietro la nuca,
alla mia infanzia senza parole
e all’estasi
che perde corpo e voce.
Chi ha un corpo ha un segreto
da conservare
fuori di sé.
Il mio sguardo
ha scavalcato i tetti
i ragionamenti
le vette dei monti
le visioni
si è affacciato da questo balcone
come il puro desiderio
che non si vede mentre desidera
sempre verticale
scoccato.
Il mio sguardo è da preda
simile a quello del lupo
del serpente della tigre
di tutti gli animali
che guardano dritto
dentro gli occhi
perché hanno fame.
Nel buio
si catturano le luci stellari
memorie di eventi possibili
di un mistero che si assottiglia
sempre un po’ di più
ma che mai
perderà la sua struttura.
Dicono che è lassù la nostra origine.
Che lassù ci sono
padre e madre.
E sta a noi
farli tornare qui
Io ipnotizzo le stelle
loro ipnotizzano me
allargando allo spasimo
le mie pupille umane
forse entrerà qualcosa
nel mio campo visivo
che prima non c’era.
Sarei forse capace di raccontare
la bellezza del cielo notturno
nominando una ad una
le stelle?
Come non so imparare
I nomi degli uomini e dei fiori
di tutto quanto vive sulla terra
Di queste impossibilità
è fatto il silenzio.
I profumi della notte
s’incontrano a metà strada:
verso di noi scendono
quelli astrali
verso di loro sale
l’essenza tellurica.
Di notte
l’erba e gli alberi
hanno odori che raccolgono
tutte le profondità
scoppiano dall’invisibile
una linfa nuova
trattengono i suoni
inudibili
di giorno
Se si capovolge la lente
da qui non si vede niente
forse il fumo
di miliardi di anni
di luce mortale
e di mortali sogni
che prima furono solide cose
ed evaporarono
poco a poco
ed evaporano ora
come un astro si congeda da un astro.
Se si capovolge la lente
noi si perderà l’ombra?
E quale altra ombra
ci potrà confermare?
Il cielo della notte
si rivela
se noi
con questi occhi
lo riveliamo
a lui
perché noi e lui
siamo legati da un unico velo
e dalla stessa grandezza.
Stelle
la vostra linfa
scende su di noi
come la manna un tempo
Guardandovi
noi non cerchiamo nessuna certezza
ma voi state qui
a fare finta
di esserci.
Salute a voi come siete.
Salute dal nostro al vostro
tempo
che mai si incontreranno.
Salute a voi
e a tutte le finzioni.”
Lucetta Frisa, “Perseidi”, da “Doppio Diario”, 2015
Le stelle
“Quando viene la notte,
io sto sulla scala e ascolto,
le stelle sciamano in giardino
ed io sto nel buio.
Senti,
una stella è caduta risuonando!
Non andare a piedi nudi sull’erba,
il mio giardino è pieno di schegge.”
Edith Irene Södergran, “Le stelle”
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Karl Friedrich Schinkel, Fondale del “Salone delle stelle nel palazzo della Regina della Notte”, realizzato nel 1815 per il Flauto Magico di Mozart.
“La magia se ne va, benché le grandi forze
restino al loro posto. Nelle notti d’agosto
non sai se la cosa che cade sia una stella,
né se a dover cadere sia proprio quella.
E non sai se convenga bene augurare
o trarre vaticini. Da un equivoco astrale?
Quasi non fosse ancor giunta la modernità?
Quale lampo ti dirà: sono una scintilla,
davvero una scintilla d’una coda di cometa,
solo una scintilla che dolcemente muore –
non io sto cadendo sui giornali del pianeta,
è quell’altra, accanto, ha un guasto al motore.”
Wisława Szymborska, “Cadenti dal cielo”
“Hanno scoperto una nuova stella,
ma non vuol dire che vi sia più luce
e qualcosa che prima mancava.
La stella è grande e lontana,
tanto lontana da essere piccola,
perfino più piccola di altre
assai più piccole di lei.
Lo stupirsi non sarebbe qui affatto strano
se solo ne avessimo il tempo.
L’ età della stella, la sua massa, posizione,
tutto ciò basta forse
per una tesi di dottorato
e per un piccolo rinfresco
negli ambienti vicini al cielo:
l’astronomo, sua moglie, parenti, colleghi,
atmosfera rilassata, abito informale,
si conversa soprattutto di temi locali
e si masticano noccioline.
Una stella magnifica,
ma non è un buon motivo
per non brindare alle nostre signore
assai più vicine.
Una stella senza conseguenze.
Ininfluente sul tempo, la moda, l’esito del match,
il governo, le entrate e la crisi dei valori.
Senza riflessi su propaganda e industria pesante,
sulla laccatura del tavolo delle trattative.
In sovrappiù per i giorni contati della vita.
A che serve qui chiedersi
sotto quante stelle nasce l’uomo,
e sotto quante dopo un breve attimo muore.
Nuova.
– Mostrami almeno dov’è.
– Tra il bordo della nuvoletta bigia sfilacciata
e quel rametto, più a sinistra, di acacia.
– Ah, eccola – dico.
Wislawa Szymborska, “Eccesso”, da “Gente sul ponte” – Traduzione di Pietro Marchesani