Ciao “fratello” razzista
Vuoi sapere perché i migranti non vogliono essere riportati in Libia?
Ok
Ti risponderò con delle domande
Ti è mai capitato di violentare tua madre perché qualcuno ha il fucile puntato contro di te e contro di lei?
Ti è mai capitato di violentare tua sorella e di vedere nascere tuo figlio dalla pancia di tua sorella?
Sai quanti figli di scafisti abbiamo in Europa?
Cioè sai quante donne hanno partorito al loro arrivo dei bambini non voluti?
Sai cosa significa mangiare un pezzo di pane in 24 ore e vedere un pezzo di formaggino come fosse oro?
Ti è mai capitato di fare i tuoi bisogni dentro un secchio e davanti agli occhi di centinaia di persone?
Ti è mai capitato di avere le mestruazioni e non poterti lavare per settimane o mesi?
Ti è mai capitato di essere messo all’asta e venduto come uno schiavo nel 2020?
Ti è mai capitato di nutrire tuo figlio con the zuccherato e spacciarlo per latte?
Ti è mai capitato di essere picchiato a sangue perché chiedi l’intervento di un medico?
Ti è mai capitato d’essere fucilato per colpa di uno sguardo di troppo?
Ti è mai capitato di svegliarti con le urine versate in faccia?
Ti è capitato che qualcuno ti aprisse il corpo con un coltello e mettesse subito dopo del sale per sentire maggiormente le tue urla?
Per tutti questi motivi…caro razzista…ti posso classificare tra i criminali che hanno accettato un secondo olocausto
Nawal Soufi
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Nawal Soufi, “l’angelo dei profughi“, come viene soprannominata, è nata in Marocco nel 1988, ma è venuta in Italia, a Catania, quando aveva appena un mese di vita. Il suo nome, che in arabo significa “dono“, è la cifra stessa della sua vita: a soli 14 anni Nawal rappresentava già, per gli immigrati che non riuscivano ad integrarsi, un punto di riferimento insostituibile.
“Sono una migrante, in una terra di migranti che è la Sicilia. Ringrazio i miei genitori per avere scelto la Sicilia e avermi posto dinanzi a uno specchio, che è il Mar Mediterraneo. La mia generazione sta vivendo il secondo Olocausto nel Mar Mediterraneo, ed è vero che tantissime persone girano il loro sguardo dall’altra parte nonostante le persone continuino a morire.”
In Italia, Nawal si laurea in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali, diventa mediatrice culturale, lavora come interprete nei tribunali e in carcere. Nel 2012 si reca per la prima volta in Siria, guidando un convoglio umanitario; da allora, il suo impegno si sposterà in Albania, Kosovo, Serbia, Bosnia, Grecia, sulle rotte balcaniche, ovunque ci sia bisogno di aiuto.
Intanto, il suo numero di cellulare comincia a diffondersi, quasi per una sorta di tam tam spontaneo: a chiamarla sono i migranti, che lei soccorre mettendoli in contatto con la Guardia Costiera. E’ il 2013 quando riesce a salvare un’imbarcazione alla deriva nel Mediterraneo, con a bordo centinaia di rifugiati siriani, uno dei quali l’aveva chiamata proprio sul cellulare.
“Parlando l’italiano e l’arabo, riuscivo a tradurre le loro necessità. Poi, un giorno, mi è arrivata una telefonata diversa. Veniva dal mare. Erano migranti in cerca di soccorso. Ho avvisato subito la Guardia costiera e, da quel giorno, ho collaborato con loro.”
Tanti sono i suoi progetti:
Il diario che pubblica costantemente su Facebook srotola un gomitolo di storie, di testimonianze drammatiche:
30 giugno. Pensieri mentre attendiamo il calar della notte… “E se si aprono le scarpe? Dobbiamo prendere un altro paio?” “Si, ma diventa tutto più pesante”. “E se incontreremo mafie di frontiera?” “Devono capire che non abbiamo un euro in tasca”. “Ma perché non nascondere i soldi?” “Perché se te li trovano ti fanno pagare per averli nascosti”. “Ma questo succede solo con le mafie di frontiera?” “No! Anche con certe guardie di frontiera”. “E per andare in bagno?” “Va bene un piccolo velo e ci copriamo a vicenda”
12 novembre. Polonia-Bielorussia. Quei sacchi neri che vedete nascosti dalle foglie, contengono 500 euro di spesa alimentare che siamo riusciti a portare verso una zona di frontiera dove è difficile o quasi impossibile arrivare. Sento qualcosa di strano nel pubblicare queste fotografie. Qualcosa di molto pericoloso sta succedendo in Europa. Un’Europa che ti spinge a “seppellire” il latte per i bambini, nascondere il cibo tra le foglie, “occultare” il miele e i datteri… Questa sensazione di paura nel compiere gesti “normali” è qualcosa di pericolosissimo per la libertà degli stessi cittadini europei. Eppure non stiamo facendo niente di male, se non portare del cibo a chi sta letteralmente morendo di fame. Non possiamo permettere alle istituzioni europee di trattare gli esseri umani in questo modo e non possiamo accettare che il tentativo di salvare una vita umana possa essere chiamato crimine. Ho il vuoto dentro… Un ricordo di quel che avevo letto nei libri di storia. Un ritorno al passato…
“12 luglio. La vita è fatta di scelte e l’UE ha scelto di “difendere” le frontiere europee in questo modo. Si possono difendere le frontiere europee garantendo anche diritti ai rifugiati. Non è possibile che tutto questo continui da anni nel silenzio totale delle istituzioni”.
9 marzo. Non ci vedrete mai divisi! La guerra è guerra per tutti. In questo video ci sono due ragazze ucraine, un siriano, un egiziano, un marocchino, un algerino e io che non so cosa sono. Siamo a bordo della stessa nave che affonda! Non divideteci! Tenetevi le frontiere e noi ci teniamo la solidarietà tra chi soffre.
7 luglio. Non fatevi ingannare dal sorriso di chi difende i diritti umani! Tutto ha un prezzo! Anche quel sorriso… anche quegli emoji campati in aria. Ci sarebbe solo un emoji vero tra tutti quelli che vivono dentro il telefono di una persona vittima di una grande ingiustizia, ed è un cuore spezzato.
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La foto di Nawal Soufi è tratta dalla pagina azionenonviolenta.it