Ciak

L’urlo

16.09.2022
“È impossibile dire che razza di urlo sia il mio: è vero che è terribile – tanto da sfigurarmi i lineamenti rendendoli simili alle fauci di una bestia – ma è anche, in qualche modo, gioioso, tanto da ridurmi come un bambino.
È un urlo che vuol far sapere, in questo luogo disabitato, che io esisto, oppure, che non soltanto esisto, ma che so. È un urlo
in cui in fondo all’ansia si sente qualche vile accento di speranza; oppure un urlo di certezza, assolutamente assurda,
dentro a cui risuona, pura, la disperazione.
Ad ogni modo questo è certo: che qualunque cosa questo mio urlo voglia significare, esso è destinato a durare oltre ogni possibile fine”.
Pier Paolo Pasolini, dal film “Teorema”, 1968
(La sera del 22 settembre del 1962, alla prima del film “Mamma Roma”, uno studente di estrema destra apostrofa brutalmente Pasolini urlandogli: «Pasolini, in nome della gioventù nazionale, ti dico che fai schifo!» Pasolini reagisce sferrandogli un pugno e il ragazzo, a sua volta, lo colpisce ripetutamente: a fermarlo è l’intervento di Sergio Citti che si lancia sullo studente, atterrandolo.
Prima dell’uscita del film, Pasolini aveva scritto su “Vie Nuove” che  “Mamma Roma” gli aveva riportato nell’animo un groviglio di insicurezze, di paure: quella del fallimento e quella, forse ancora più radicata, «di essere condannato innocente». Paure di fronte alle quali non riusciva a non provare «un senso di rivolta, di ripugnanza, di esasperazione che non ha equivalenti: qualcosa che non si può esprimere se non nell’urlo bestiale, nella furia epilettica»: tutti sentimenti che si sforzava, però, di mantenere lontani da sé e che avrebbe voluto «riordinati subito, com’è mia antica abitudine, in pensieri, in sforzo di capire: in amore, infine».
Eppure, il Pasolini che aveva sempre considerato come unico possibile «il metodo di lotta di Cristo: la non violenza, la mitezza, la persuasione», non si pentì mai del pugno assestato allo studente che lo insultava, tanto che più tardi, sempre su “Vie Nuove”, avrebbe scritto: “Dovrei vergognarmi di quella mia reazione improvvisa, degna della giungla: sono “partito per primo”, come dicono i tanto disapprovanti ragazzacci del suburbio, e gli ho dato un “sacco di botte”. Dovrei vergognarmi, e invece devo constatare che […] provo una vera e propria soddisfazione: finalmente il nemico ha mostrato la sua faccia, e gliel’ho riempita di schiaffi, com’era mio sacrosanto diritto.“)

Lascia un commento