Pensieri

Le sante dello scandalo

29.09.2022
“Spiccano nell’elenco di apertura del vangelo di Matteo cinque nomi di donne, piantati dentro una discendenza maschile. Che ci fanno, a che servono?
Ecco le loro generalità: Tamàr la Cananea, Rahav di Gerico, Rut la Moabita, BatSheva/Betsabea ebrea che sposa in prime nozze Uria ittita, infine Miriam/Maria madre di Ieshu/Gesù.
Nel più prezioso ceppo familiare ebraico, quello del messia, sono inserite e sottolineate delle donne straniere.
Appartengono a popoli presenti nella terra promessa prima della conquista e mai estirpati.
Non è sgombera e vergine la terra promessa.
Non è un’isola deserta, non è il mondo vuoto dopo il diluvio.
Al contrario brulica di popoli e di idoli. Proprio in mezzo a loro irrompe la divinità che si dichiara unica. Il monoteismo non trova sgombro il suolo. La regione del Mediterraneo è la più politeista del mondo, ha accreditato altari ai più svariati culti e ai più bizzarri.
Il politeismo non ha numero chiuso, è democratico, le liturgie diverse coesistono senza
sopraffarsi. Arriva invece la monarchia esclusiva della divinità unica e sola. Fa breccia in mezzo al fitto degli altari per rovesciarli, dichiararli spenti. La terra promessa va conquistata e bonificata dagli idoli.
La marcia del monoteismo, da quell’ingresso in poi, annienterà la concorrenza.
Ecco che nella preziosa discendenza del messia sono innestate donne e grembi di popoli diversi. Con le loro trasfusioni di sangue misto, la storia ebraica allontana da sé lo scettro e lo spettro della purezza di sangue, del pedigree.
Pure il messia è meticcio.
E’ una lezione grandiosa, poco risaputa e poco ripetuta.
Ma non è a senso unico di marcia l’avanzata del monoteismo. Fa passi indietro: dopo la
conquista della terra promessa, gli ebrei torneranno spesso agli idoli, adottando quelli dei popoli vicini. Israele in quei ripiegamenti su altri culti sarà debole e finirà servo e suddito di altri. E ogni volta sorgerà un capo che lo ricondurrà al suo Ehàd, Uno, ripristinando il culto e la forza per risollevarsi.
Sarà a fisarmonica la storia di Israele, oscillerà tra attaccamento e abiura.
Ma le donne straniere, Tamàr, Rahàv, Rut, hanno in comune il viaggio opposto, scelgono di appartenere a Israele. Abbandonano la loro religione e il loro popolo senza ripensamenti.
Scelgono il Dio unico salito dal deserto, vogliono fecondare il loro grembo con il seme dei
portatori della notizia nuova e visionaria: una sola divinità artefice del mondo.[…]
Le donne, queste donne, non vacillano in nessun punto. Nessuna di loro, che neanche hanno avuto il conforto di una profezia, di una voce diretta, esita. Vanno contro le regole e sacrificano la loro eccezione.
Il loro slancio è più solido di quello dei profeti, sono le sante dello scandalo.
Non hanno nessun potere, né rango, eppure governano il tempo.
Sono belle, certo, ma per dote sottomessa a uno scopo solo appena intuito. Hanno il fascino insuperabile di chi porta la propria bellezza con modestia di pedina e non con vanto di reginetta da concorso.
Hanno un traguardo, una missione in cuore e la perseguono inflessibili.
La scrittura sacra dell’Antico e del Nuovo Testamento, opera maschile, rende omaggio a loro.”
Erri De Luca, da “Le sante dello scandalo”, 2011

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