nella festa commovente dell’altra sera – che mi sembrò l’inno dei cuori alla vostra «Vita» che si diffonde vibrante e bella, e «ammantata di giustizia» – si parlò tanto, nella conversazione privata, di voto alle donne – che non possiamo tacerne. Tu, preoccupata dei tuoi invitati, non potevi in quel momento seguire la nostra battaglia. Ma io ero disposta come una mitragliatrice in pieno Parlamento: seduta al banchetto tra l’onorevole Barzilai e l’onorevole Nitti, di prospetto o quasi all’onorevole Mazza feci un fuoco di fila continuo sul voto alla donna. I deputati si schernirono.
Quando allo sciampagna brindai alla conversione del Nitti, che s’era mostrato contrario al voto in modo più assoluto del Barzilai, egli protestò che la conversione non sarebbe avvenuta. Perché? Il perché lo disse, e io allora gli promisi di rispondergli su «La Vita». Ma vicino ai «perché» detti dai deputati, ci sono ancora quelli sentiti, che sfuggono talvolta all’animo, sia pure mascherati da uno scherzo gentile.
Quando tu parlasti con tanta grazia femminile e con sì semplice eloquenza, si gridò: «Signori, signori! Lottiamo contro il voto alla donna, perché le donne parlano meglio di noi, e saremmo perduti!».
Io credo che stia qui sotto tra veli leggiadri un poderoso perché: essi temono la gran forza sociale che si avanza: la donna! Sono fanciulli che tremano al pensiero di perdere la loro bambola: e non riflettono che siamo appunto alla vigilia di una crescenza d’anime e di coscienze, che conduce a respingere i giuocattoli, e a cercare la compagnia delle persone vive. L’infanzia dell’umanità, il periodo della grande preparazione sta per finire.