“Da quel piede di donna nudo, danzante, si poteva cominciare.
Da quella lieve collina d’ossa tarsali ad arte modificati poteva iniziare il lungo femmineo cammino.
Fili di seta purissima divenuti tessuto lambivano quel lieve dosso e la scelta cadde, perché il cammino è fato, su quello baciato da una luce che veniva da lontano.
La caviglia come roccia levigata, bianca e purissima, sembrava colpita da onde trasparenti e quel filo cavalcava i marosi alzandosi e scendendo per baciare a più riprese ciò che non era poi così ovvio vestire.
Non fu difficile scalare quel lieve pendio di donna distesa ed approdare in una zona di riposo, ginocchia dalle quali scrutare l’orizzonte e studiare un nuovo cammino.
Mani sapienti avevano ancor più impreziosito quel groviglio di ordinati fili di seta che nell’area del sartorio apparivano stringersi ad un corpo che di certo non li rifiutava.
Poi, come d’incanto, una luce lontana pareva non avere ostacoli lungo il lungo cammino dei tensori della fascia lata.
Da quel lato, voltandosi indietro, altri fili di seta descrivevano una strada fatta di pelle candida che per il peroneo lungo giungeva al lontano piede.
Piccole gocce di rugiada diedero ristoro nella grande oasi del pube ma per non cader nelle magie di quel luogo si decise di riprendere il cammino lasciandosi alle spalle prati sempre verdi e piante perennemente in fiore.
Il filo di seta dettava nuova strada e sull’addome non ci fu necessità di controllare alcuna bussola il cui ago, di certo, avrebbe indicato un nuovo e più femmineo nord.
Sarebbe stato fantastico scalar le vette del seno ma lì la via sembrava portare fuori strada dettando una duplice possibilità. Fortunatamente il fedele filo indicò una stretta gola alla cui uscita però ci abbandonò.
Il viaggio era dunque terminato ed una nuova via della seta era stata scoperta, ma quel filo abbandonato sembrava, con la sua estremità, fornirci un ultimo regalo.
Si distese, per magia, come coda di serpente e come fune fu scalato per superare il nudo collo e mento.
Labbra carnose erano in attesa di sussurrare oscure parole: “Wo shi Sichouzhilu” (“sono io la via della seta”).