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Un taxi in giro per Roma

03.12.2022

La scappatella del leone”

 

“Una vorta er guardiano d’un serrajo
lassò per uno sbajo
uno sportello de la gabbia aperto.
— Giacché me se presenta l’occasione,
— disse er Re der Deserto — me la squajo… —
E zitto zitto escì da la priggione.

— Indove te ne vai? — chiese la Jena.
El Leone rispose: — Ar Colosseo,
a magnà li cristiani ne l’Arena. —
La Jena disse: — Quanto me fai pena,
povero babbaleo!
Che credi? de rifa la pantomima
de le bestie ch’esciveno de fòra,
cór pasto de le berve come allora
e li martiri pronti come prima?
Nun hai saputo che, da un pezzo in qua,
è proibbito d’ammazzà la gente
senza er permesso de l’Autorità?
Tu rischi de restà senza lavoro:
da’ retta a me, collega mio, rimani:
e lassa che li poveri cristiani
se magnino fra loro.”

 

Trilussa, “La scappatella del leone”

 

Il Colosseo di un artista del Mandrione

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Mater Ignoti Militis

 

“Lugubri ast aliae cultu, longo ordine matres,

funera ad undena heu! tristes adstare videntur,

dum sertis redolent et turis honore vaporant,

et facibus templa accensis Aquileia relucent.

Hic quonam sensu vel qua ratione putemus

unum ex undenis feretrum ex tot matribus unam,

quae gnati in bello fleret fera fata perempti,

legisse? Incertam quaenam vis impulit illam?

Filius an voce est illi interiore locutus,

ut se deligeret, magno addictura triumpho

ignotum?”

 

“Con una lugubre cerimonia, molte madri, tristi,

stanno davanti a undici feretri,

mentre si spande il profumo dei fiori e i turiboli fumano,

e la chiesa di Aquileia risplende alla luce delle fiaccole ardenti.

Qui con quale senso o con quale ragione pensiamo

che tra tante madri una sola possa scegliere un feretro tra undici,

lei che ha pianto il crudele destino del figlio caduto in guerra?

Quale forza l’ha guidata, incerta, nella scelta?

Il figlio le ha davvero parlato con voce interiore

per essere scelto da lei, destinata a premiare con un grande

trionfo una salma sconosciuta?”

 

Alfredo Bartoli (1872-1954), “Mater Ignoti Militis” (“La Madre del Milite Ignoto”)

 

(Nel1921, su proposta del generale Giulio Douhet, il  ministro della guerra Giulio Rodinò, il ministro del tesoro Ivanoe Bonomi e il presidente del Consiglio  Giovanni Giolitti presentarono alla Camera un disegno di legge che prevedeva «che la salma di un soldato italiano, che non si sia riusciti a identificare, rimasto ucciso in combattimento, sul campo, venga solennemente trasportata a Roma e collocata al Pantheon — simbolo della grandezza di tutti i soldati d’Italia, segno della riconoscenza dell’Italia verso tutti i suoi figli, altare del sacro culto della Patria”. Fu  su proposta dell’onorevole Cesare Maria De Vecchi (relatore alla Camera per la commissione “Esercito e Marina Militare”), che il luogo prescelto divenne, invece, l’Altare della Patria, «perché quivi il popolo potrà, meglio che altrove, in grandi pellegrinaggi rendere i più alti onori al morto che è tutti i morti, che è primo e supremo artefice della nuova storia». Il  Ministero della guerra, incaricato dell’esecuzione della legge, istituì una commissione speciale con l’incarico di individuare le salme di undici soldati caduti al fronte, che risultassero privi di qualsiasi segno di riconoscimento e che appartenessero alle diverse armi. Le undici bare, assolutamente identiche,  furono quindi riunite nella basilica di Aquileia, dove a scegliere la salma del Milite Ignoto fu una donna del popolo, Maria Maddalena Blasizza, che, arrivata di fronte alla decima bara,  si accasciò a terra gridando il nome di suo figlio. Antonio Bergamas,  un ebreo di Triste, dopo aver disertato  dall’esercito austro-ungarico, si era arruolato, sotto falso nome, in quello italiano; ucciso  il 18 giugno 1916 a Marcesina (tra Vicenza e Trento), era stato sepolto in un cimitero che in seguito era stato bombardato, rendendo quindi impossibile il suo riconoscimento.  Il feretro, collocato su un affusto di cannone disegnato da Guido Cirilli, venne trasportato a Roma su un vagone ferroviario, mentre le altre  salme rimasero ad Aquileia dove vennero seppellite solennemente il 4 novembre, la data prescelta per la celebrazione del Milite Ignoto.)

 

 

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Roma capoccia

“Quanto sei bella Roma quand’è seraQuando la luna se specchia dentro ar fontanoneE le coppiette se ne vanno viaQuanto sei bella Roma quando piove
Quanto sei grande Roma quand’è er tramontoQuando l’arancia rosseggia ancora sui sette colliE le finestre so’ tanti occhiChe te sembrano di’ quanto sei bella
Quanto sei bella
Oggi me sembra che er tempo se sia fermato quiVedo la maestà der ColosseoVedo la santità der cupolone
E so’ più vivo e so’ più bbonoNo nun te lasso maiRoma capoccia der mondo infameRoma capoccia der mondo infame
Na carrozzella va co du stranieriUn robivecchi te chiede un po’ de stracciLi passeracci so’ usignoliIo ce so’ nato RomaIo t’ho scoperta stamattinaIo t’ho scoperta
Oggi me sembra che er tempo se sia fermato quiVedo la maestà der ColosseoVedo la santità der cupoloneE so’ più vivo e so’ più bbonoNo nun te lasso maiRoma capoccia der mondo infameRoma capoccia der mondo infame”
Antonello Venditti, “Roma capoccia”
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Trinità dei Monti

“Quale città der monno pò dà in mostra

la scalinata a Trinità de Monti,

metteteve a sedé, fate du’ conti,

che tanto v’esce solo Roma nostra.

Da sopra inzù se vedeno tramonti,

che manco a stà sur pizzo de ’na giostra,

scorci e passaggi che, co bontà vostra,

s’abbraccicano inzieme a l’orizzonti.”

Stefano Agostino, da “Trinità dei Monti”

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Foto di Andrea Coltrioli

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