“Sono tre giorni
che rufolo nel mio cuore,
sto cercando…
cerco il mio Natale di sempre
il Natale felice
ed emozionante,
il Natale
della soddisfazione,
il Natale che cerco e non trovo…
dove l’avrò messo?
L’ho infilato
in una busta
che quest’anno
non si apre
perché mancan
le forbici,
manca
il mio spirito pronto
e ho voglia di urlare:
“Aspettate!
Non è il momento,
non sono preparata!
Datemi ancora
un po’ di tempo
perché non voglio
vedere la festa
che scappa veloce
sotto i miei occhi.
Datemi tempo,
basta una notte, questa notte…”
Alice Sturiale, da “Il libro di Alice”, 1997
Alice scrisse questa poesia il 24 dicembre del 1995, quando frequentava la seconda media.
Un anno dopo, il 20 febbraio del 1996, moriva, a scuola, mentre rideva per la battuta di un compagno.
Alice era affetta da una malattia congenita che le impediva di camminare, costringendola a vivere su una sedia a rotelle.
“Io sono soddisfatta di quello che sono.
Mi chiamo Alice, i miei mi chiamano ‘serpe’, ma io non mi offendo perché sono abbastanza contenta del mio carattere dispettoso.“
Alice resta così, allegra e piena di vita, nella memoria di chi l’ha conosciuta e nelle pagine del libro che i genitori, Marta e Leonardo, hanno pubblicato postumo: sono racconti, temi di scuola, appunti, ricordi, che parlano del suo coraggio e della sua voglia di vivere, che molti di noi hanno perduto.
“Forse senza quattro ruote è più facile. È più facile divertirsi. È più facile muoversi. È anche più facile conquistare i ragazzi. Ma io credo che le quattro ruote servano a conoscere tutta quanta la vita, e saperla affrontare, e vincere.”