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Lettere a Babbo Natale

24.12.2022
Caro Babbo, ci ho pensato
“Caro Babbo, ci ho pensato.
Non voglio essere una di quelle donne da borsa Louis Vuitton.
Scarpe Hogan.
Cintura Gucci.
E nemmeno da bracciale Pandora.
Ma non sono neanche una da pentola a vapore o stirella.
O da crema antirughe.
Nemmeno da foglioline. Che quelle mi sembrano un nuovo inganno.
E non me ne vogliano le donne. Le altre quelle che si farebbero in quattro per una di queste cose.
Ma io desidero uguaglianza di pensiero.
E che tu riesca a scacciare i miei sensi di colpa una volta per tutte.
Vorrei del tempo per me. E che quel tempo non mi sembri rubato.
Desidero riconoscenza. Sì, riconoscenza. Non essere scontata insomma.
E non mi frega più la storia dell’anello. Che quello brilla e basta. E solo le cretine ormai fanno Oh! con la bocca spalancata.
A me incanta un uomo su cui contare e per cui conto. Senza riti. Salamelecchi e contorno.
A me piace il dolce. Quello che assaggio dal mio compagno perché sono a dieta sempre.
Desidero una parola regalata una sera in cui sono ubriaca d’amore.
Desidero calzini puliti nel cassetto giusto.
Chi arriva prima prepara la cena. Neanche a dirlo.
Desidero un posto in cui nascondermi quando non ne posso più. Che sia solo mio. In cui nessuno possa entrare. Proprio nessuno. In cui posso perdermi e ritrovarmi e poi perdermi ancora, sai Babbo Natale, noi donne siamo impossibili, spesso facciamo tutto da sole.
Desidero potermi dissolvere ogni tanto senza che qualcuno mi dica: ma tu sei la madre! Cazzo, lo so!
Voglio silenzio, e ballare a piedi nudi. Che i tacchi li hanno solo le fighe.
Portare le rughe al meglio che posso.
Desidero che non mi porti un vestito taglia 38, ma uno taglia 50 così mi posso sentire magra, magrissima.
Vorrei coraggio da vendere per sentirmi forte quando sono fragile.
Vorrei svegliarmi con un po’ di trucco che non sbavi dopo cinque secondi.
Uno specchio magico che inventi gli addominali anche su di me.
Una borsa piccola ma che sia grande che contenga tutto. Emozioni. Pianti. Paure. Salviette. Fazzoletti. Buon umore.
Caro Babbo Natale, avrei un’ultima richiesta da farti.
Forse la più importante.
Vorrei per ogni donna sulla terra uomini capaci di essere tali.
Che non picchino.
Che non demandino.
Che non opprimano.
Che non violentino.
Che non ci rubino la vita.
Lo so, hai molto lavoro da fare, ma noi abbiamo un’esistenza e una sola.
Non possiamo tanto girarci in giro.
Le donne muoiono davvero. A volte dentro e restano vive.
Nessun regalo stantio per noi.
Buttali nel cesso.
Regalali alla matrigna di Cenerentola.
Alla strega cattiva.
Al mago di Oz.
Ma non a noi.
Noi meritiamo di più di un bracciale o un anello che luccica.
Meritiamo di più. Le stesse opportunità dei nostri uomini.
Una vita che sappia d’amore e di rispetto. E che sia per sempre.
Quella sì che luccica, e sa di meraviglia.”
Tua Penny (Cinzia Pennati)
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Andy Warhol, “Babbo Natale”, 1981
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Caro Babbo Natale, risolvimi
“Caro Babbo Natale, risolvimi.
Che mi sento un bel problema.
Ho i dati confusi.
I numeri ribelli.
E io i numeri non li capisco.
A volte nemmeno le parole.
O le cose.
O le persone.
Scrivimi una risposta, giù, in fondo al foglio.
E magari anche più di una, che non si sa mai.
Fammi dei disegnini, che forse comprendo meglio.
Somma le cose buone che ho e dimmi se sono davvero speciali.
Se lo erano prima.
Se lo saranno ancora.
Moltiplicami le speranze, sottraimi le paure, ma non dividermi più.
Non distribuirmi più.
Non fare di me la torta tagliata a fette che fa capire le frazioni ai bambini.
Lasciami intera.
Caro Babbo Natale, ti prego, fammi tornare intera.”
Wanda Lamonica, da “I papaveri sussurrano al tramonto”
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“Caro Babbo Natale
(o chi per te, Lassù),
sta finendo questo anno tremendo e bellissimo,
ripido e pieno di volo.
Vorrei scriverti parole terse, sogni che fanno paura.
Lo scorso anno a quest’ora avevo la presunzione della luce.
Facevo le boccacce al buio.
Ed ero invece appena pronta per i lavori grossi: avevo tolto la polvere, erano spuntate montagne.
Ho avuto il privilegio di una notte lunga, della fragilità e della resa.
Non sapevo più la strada.
Lì, ricordo, si sono sciolti gli ormeggi e ho dovuto riposare: ho smesso di guardare l’orizzonte, ti ho lasciato fare.
Ho visto la vita di spalle, non ho avuto paura di cadere, ero già caduta.
E in un giorno a testa in giù ho visto quello che in nessun altro modo avrei potuto vedere, e che tutto era stato solo per questo: perché trovassi quello che non cercavo.
Quello che mi attendeva, lontano dalle mie impazienze.
Quello che era già me e non lo sapevo.
E allora quest’anno io non ti chiedo desideri, ma di crescere in me la fiducia in Te. L’affidamento.
Non ti chiedo forza, ma di migliorare l’abbandono.
E non ti chiedo luce, ma una mano stretta dentro il buio che mi servirà ancora.
E non ti chiedo di togliermi prove, ma di esserci quando verranno.
Ti chiedo di avere il coraggio di chiedere.
Ti chiedo il coraggio di sbagliare, di dirlo, di ritornare indietro.
Ti chiedo il coraggio di avere paura.
Il coraggio di sentirmi sola.
Il coraggio di essere triste.
Ho capito che bisogna aver accettato di essere piccoli per essere grandi e che niente in noi va dimenticato.
E poi per il resto fai tu che sai, se puoi abbonda in gioia e amore, che ne abbia da dare smisuratamente. E parole per dirti, e cuore per dare sempre alle parole una freschezza di giornata.
Ti scriverò ancora.
Per sempre.”
Giulia Calligaro
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Nell’immagine: William Holbrook Beard, “Babbo Natale”, 1862 ca.,

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