“L’adulto non sa ancora cosa troverà ‘davvero’ oltre la collina. Sospetta qualcosa, ma in realtà non sa niente. Come non si sa niente del tempo mentre lo si vive. Anche il bambino non sa niente ma è abituato a non capire. In compenso si innamora più facilmente – di quel viaggio improvviso, dell’affetto dell’adulto, dell’idea che il rumore del cuore delle persone abbia un posto nel mondo – e questo soltanto lo rende felice.”
“Shūichi le doveva moltissimo. Le doveva soprattutto il lavoro che riempiva di colore le sue giornate, la carriera da disegnatore. Sua madre aveva saputo valorizzare lo sguardo stralunato di Shūichi che fin da bambino trasformava gatti in messaggeri segreti, le finestre in magici ingressi e gli insetti che in estate uscivano allegri in invasori di altri pianeti. Aveva creduto in lui anche quando nulla suggeriva lo meritasse.
Dalla sua scomparsa, qualcosa in Shūichi si era spento. Non avrebbe saputo spiegarlo a parole, ma la corda che lo teneva legato al mondo si era allentata di un ennesimo nodo.
[…] Ciò che ricordava soprattutto di lei, però, era quella fiducia immeritata che dedicava a chiunque. Lì dove non trovava qualità positive, se le inventava. Fin da piccolo mostrò a Shūichi che c’era sempre una maniera di voler bene alle persone. No, non ignorava le colpe, ma non caricava il peso di brutte parole. “Immagina quanto possa fargli già male stare con se stesse!”. Anche commentando le notizie più atroci, sua madre gli spiegava semmai come fosse possibile mettere in galera la gente senza doverla per forza odiare. Fu un sollievo per Shūichi scoprire che si potesse rispettare anche chi cadeva in errore.
Quell’insegnamento, più di ogni altro, lo avrebbe cambiato profondamente.”
Laura Imai Messina, da “L’isola dei battiti del cuore”, 2022