Epistolario

Lettere dal fronte di Giosuè Borsi

12.01.2023
12 settembre 1915
Mamma cara,
posta maledetta! Ancora nulla. Tutti mi consolano, dicendo che accade comunemente di
dover di aspettare a bocca asciutta anche dieci e quindici giorni, prima d’aver lettere.
Pazienza, dunque.
Tra due giorni lasciamo nuovamente le trincee per tornare al campo con la riserva. Qui
siamo stati benone. Ma ormai son persuaso che la guerra non esiste, è un mito. Pensa che
non ho ancora visto un Austriaco, e che forse non ne vedrò mai il grugno. Però li sentiamo, questo sì, e anche loro sentono noi. Abbiamo delle artiglierie meravigliose.
Non ho ancora avuto il tempo di scriverti qualche altra lunga lettera, ma ne avrei delle
cose da raccontarti!
Saluta tutti. Ti stringo a me con un lungo abbraccio.
Giosué
***
Ognissanti 1915
Mamma cara,
oggi si è ripresa l’azione con molta violenza. Un temporale di grandine l’ha interrotta, ma crediamo che sarà ripresa, appena sarà possibile. Tutto va bene. Gli Austriaci ci hanno
rovesciato addosso un bombardamento furiosissimo, ma non abbiamo avuto che cinque
feriti. Sappiamo che sulla nostra destra abbiamo preso quasi cinquecento prigionieri, che sono stati condotti qua. I nostri soldati sono eroi sublimi; dillo a tutti costà. Voi non
potete neppure immaginare le meraviglie che compiono, le difficoltà che sormontano e i disagi che sopportano. Sta’ certa che vinceremo. Con soldati come questi è impossibile
che non si vinca. Continua a star tranquilla, perché io sto benissimo, sono pieno d’ardore e di fiducia, e la sorte continua a proteggermi. T’abbraccio amorosamente.
Tuo Giosuè
Giosué Borsi, da “Lettere dal fronte”, agosto-novembre 1915
*****
Il più piccolo Giosuè saluta il più grande Giosuè d’Italia“.
Questo il telegramma con il quale al “grande Giosuè” Carducci veniva annunciata la nascita di quello che sarebbe stato il suo figlioccio.
Genio precoce, poeta fin dall’età di cinque anni e poi scrittore, critico letterario,  giornalista brillante e acclamato attore di teatro, certo il “piccolo Giosuè” aveva tutte le carte in regola perché il suo “grande” padrino, nonché mentore, fosse fiero di lui.
Pur avendo ricevuto un’educazione prettamente laica, in puro stile carducciano, una serie di eventi drammatici quanto inaccettabili lo porterà alla conversione al cristianesimo: prima la morte del padre, poi della sorella Laura, che gli aveva affidato suo figlio Dino, infine, più terribile di tutti, la morte proprio dell’adorato nipotino, che Giosuè, in quel momento impegnato nella rappresentazione de “Le Baccanti“, di Euripide, non fece neppure in tempo a vedere per un’ultima volta. L’incontro con padre Guido Alfani fece il resto.
Il 16 luglio del 1917, raccolto tutto ciò che aveva scritto fino ad allora in un fascio sul quale lui stesso appose la parola “Sepolcreto” , Giosuè ricevette la  prima confessione.
Il 10 agosto del 1915 convocò a Firenze gli amici più cari, ai quali lesse  il canto XI del Paradiso di Dante, quello di San Francesco e il suo testamento spirituale. Il giorno dopo partì per il fronte.
Che Dio… abbia pietà degli uomini, dia loro la pace, e allora, mamma, non saremo morti invano. Ancora un tenero bacio.
Morì il 10 novembre del 1915 a Zagora, sull’Isonzo, il Vangelo e la Divina Commedia sul cuore.

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