Angye Gaona, colpevole di poesia
“Avevo solo le mie parole.
Ma le mie parole fendevano il ventre molle del potere,
allora mi cucirono le labbra, mi vestirono delle loro colpe infami e dei loro abiti lerci.
Avevo solo le mie parole, leggere
ma le mie parole facevano troppo rumore, come sogni colorati, e coprivano i loro spari
quindi le imprigionarono dentro mura mute affinché altri non sognassero con me.
Avevo solo le mie parole, crude
puntate sulla loro vergogna
e le mie parole squarciavano il velo osceno,
e fu allora che tagliarono la mano che impugnava la lama.
Avevo solo le mie parole, appena nate
che si alzavano in volo nella loro fetida aria
e allora mi tolsero l’aria,
mi rinchiusero affinché respirassi la loro.
Avevo solo i miei versi, liberi,
e la mia verità si aggrappava come edera ai loro piedi piantati nel fango
e divenni dunque la più forte delle minacce
e misero a tacere me, la libertà e la poesia.
Avevo solo le mie parole innocenti, di poeta, di donna
ma poiché la poesia urla nel silenzio assordante
e come una donna può partorire figli e seppellire i morti,
delle mie parole ebbero infine così folle paura
che fui detta “colpevole” e vollero ricacciarmele in gola.
Ma non posso ancora tacere.
Ho solo le mie parole, fatele vostre.
Perché si sappia di che stavo parlando.
Perché ho sempre detto solo ciò che da qui ho potuto vedere.”
Il 13 gennaio del 2011, Angye Gaona, poetessa e giornalista colombiana, viene arrestata al confine con il Venezuela, dove si sta recando per presentare il suo libro “Los Hijos del viento”: l’accusa è quella di essere una narcotrafficante (“Associazione a delinquere aggravata dal delitto di traffico di droga e ribellione”).
In realtà Angye è da sempre impegnata in una battaglia di pace, in difesa dei diritti umani e da sempre denuncia coraggiosamente le violenze dei paras, gli squadroni della morte ai quali l’ex presidente Uribe aveva aperto l’ingresso in Parlamento.
Ovviamente l’accusa di narcotraffico è inconsistente perché non sostenuta da nessuna prova, per cui il Tribunale di Cartagena si vede costretto a rilasciarla, sia pur in libertà vigilata, almeno fino all’agosto 2012; ma il governo fa di tutto per mettere a tacere gli intellettuali che ne smascherano le attività criminose.
Una campagna internazionale si mobilita per ottenerne la piena libertà e intanto esce il suo libro “Nascita volatile”.
Attenzione, Signori: non c’è più casa.
Solo questa: quella che vedono e calpestano.
Non c’è più,
venite tutti a vedere.
Avvicinate orecchio e cuore alla Terra,
considerate, Signori, il peso dell’età
duecentocinquantamila anni, e guardate:
non c’è più casa.
Che cosa farete?
Presumibilmente:
siederete su le corone,
rovescerete i calcoli,
cuocerete il cancro
nei forni del governo.
Il fumo che ascende,
arrogante e rapace,
è sufficiente a dare la notizia:
la rovina è nell’aria.
Direte: la borsa, il crollo…
In quel momento sentirete:
Viene l’hums, giunge
Il muschio a fecondare
questo ovulo che galleggia!
In quel momento, Signori, vedrete:
la Terra senza artifici,
senza rivestimento né controllo,
la Terra che a suo modo vi ripeterà:
non c’è più casa,
avanzando sopra le scuse,
sopra i bilanci, sopra i guadagni,
obbligando il proprio ordine verde e celeste
a prendere la casa
e a porre ogni cosa
al suo posto.”