“I miei genitori non appartenevano propriamente a una tribù stanziale. Si erano trasferiti molte volte da un posto all’altro, fino a quando si fermarono per un periodo più lungo vicino a una scuola di provincia, lontani da qualsiasi strada che potesse definirsi tale e dalla stazione ferroviaria. Il solo uscire e superare la strada sterrata per andare in paese costituiva già un viaggio. Poi c’erano la spesa, le faccende burocratiche egli uffici comunali, il parrucchiere in piazza vicino al municipio, sempre con lo stesso grembiule lavato e candeggiato senza risultato, perché la tinta per capelli delle clienti gli aveva impresso macchie che sembravano ideogrammi cinesi. La mamma si tingeva i capelli e il papà l’aspettava nel bar Nowa, seduto a uno dei tavolini all’esterno, leggendo il giornale locale sul quale la rubrica più interessante era quella di cronaca nera, con notizie su scantinati depredati di marmellate di prugne e cetriolini.
Per tutto l’anno conducevano una vita sedentaria, quella strana vita in cui al mattino si ritorna su quanto si è lasciato incompiuto la sera prima, dove i vestiti si impregnano dell’odore dell’appartamento e i piedi infaticabili tracciano sentieri d’usura sul tappeto.”
“Volo da Irkutsk a Mosca. Si decolla da Irkutsk alle otto del mattino e si atterra a Mosca alla stessa ora – otto del mattino dello stesso giorno. Questo è il momento esatto in cui sorge il sole, quindi si vola per tutto il tempo all’alba. Si rimane in questo singolo istante, grande, tranquillo, espanso come la Siberia. Dovrebbe essere il momento per la confessione di un’intera vita. Il tempo scorre all’interno dell’aereo, ma non fuoriesce all’esterno.»
Il viaggio è una luce sempre accesa, è un’ansia, è una ricerca, il viaggio è la solitudine estrema e il suo contraltare. Il viaggio è una persona che ne incontra un’altra, il viaggio è la storia personale che si mescola a quella degli altri. Il viaggio è un odore, una vaga speranza, è una possibilità da rinnovare ogni giorno. Il viaggio è il fuso orario che cambia, un riparo, una doccia non fatta, un letto ricevuto in regalo. Il viaggio sono mani che si toccano, spalle che si sfiorano, sono gli aeroporti, i porti, sono i treni, sono le banchine delle stazioni.
I viaggi sono l’unica vera casa che abbiamo, sono tutto quello che impariamo, sono poi quello che lasciamo. Il viaggio è cultura ed è aver cura. Il viaggio è sradicamento, è una donna sola che asseconda il vento, è una nuova misurazione del tempo. Il viaggio è un abbraccio in un altro territorio, è una stanza dove non disfare le borse, è un libro trovato su un comodino, lo stesso libro lasciato su una panchina. Il viaggio non è mai un miraggio, sono le parole scambiate all’alba con uno sconosciuto, mentre aspettiamo un traghetto per chissà dove. Il viaggio non è mai il luogo dove si va, perché non è mai una destinazione, ma è più spesso un destino.”
Olga Tokarczuk, da “I vagabondi”, 2007
*****
Nell’immagine: Bruno Catalano, “Les Voyageurs”