Dunque, nella più preziosa genealogia, quella del messia che passa per Davide, non c’è purezza di sangue, non c’è pedigree. E’ una buona notizia, perché dice che anche il messia è di sangue meticcio. Noi mediterranei siamo, come il messia, di sangue meticcio.
Queste cinque donne – Tamar, Raab, Rut, Betsabea e Miriam – hanno tutte commesso delle trasgressioni sessuali, ma governate da un piano divino che le fa affrontare la legge, superare gli ostacoli. Rasentano la pena di morte ma sono giustificate, hanno commesso scandalo ma sono sante.
Qualcosa del loro destino mi ricorda il mio luogo di origine, Napoli. Anche lei la mettono nelle sante dello scandalo. Le notizie che provengono da lei rimbombano lontano. Si è guadagnata in giro per il mondo la fama leggendaria, che è sempre un miscuglio di atroce e di magnifico, di illecito e di santo.
Così era il sud, se ne emigrava sopra le navi e si faceva figlio adottivo di patrie seconde e lontane. Così era Napoli, accettava di essere sbarco, svago e sollazzo di migliaia di militari e di soldati stranieri in un dopoguerra infinito.
Se si traccia una linea da Marsiglia a Atene, o da Trieste a Tripoli, o da Barcellona a Istanbul, si incontra Napoli. Sta in mezzo al Mediterraneo come il mese di maggio in mezzo all’anno. Stesa su un suolo sismico e sotto un vulcano catastrofico ha dei sensi comuni più con altri popoli di coste sobbalzate, come cileni, giapponesi, greci, che con connazionali di pianura. Abbiamo in comune con quei popoli l’edilizia scossa, la valigia pronta ai piedi del letto. Napoli in questo condivide il destino geografico d’Italia. L’Italia ce l’hanno descritta, con proprietà d’immagine, come uno stivale, ma io la vedo diversa quell’immagine, adesso. La vedo come un braccio, che si stacca dalla spalla muscolosa delle Alpi e se ne va verso sud-est, nel Mediterraneo. E la Puglia e la Calabria sono l’estremità di una mano aperta e la Sicilia, vicina, è un fazzoletto al vento che saluta.
Vedo così la geografia. E dalla geografia, da questa geografia, è venuta la storia, perché la storia è nipotina della geografia. E la storia da noi è stata caratterizzata da popoli che ci hanno attraversato e hanno mischiato il loro sangue con il nostro, attraverso invasioni, epidemie, guerre, esili, espulsioni, stupri di massa… e pure qualche matrimonio.
Apparteniamo all’intruglio nobile di sangui del Mediterraneo. Nessun popolo escluso. Dal fenicio, al greco, al cartaginese, al saraceno, solo per nominarne una piccola delegazione, si sono riversati in noi e noi in loro. E siccome siamo abbondanti di geografia, ecco che ci siamo mischiati il sangue anche con dei popoli del nord, del remoto nord. Goti, vandali, unni, normanni, solo per nominarne alcuni.
L’Italia è stata ponte e passerella per la storia di molti popoli. Napoli pure appartiene a questa fisica formazione dell’Italia, a questo destino geografico. E’ aperta, spalancata, senza nessuna difesa, chi l’ha voluta l’ha presa. E perciò su quel golfo si sono avvicendati dozzine di regni, dimostrando che i poteri sono come intonaco sopra una pietra ribelle, più presto che tardi si sfaldano, si sbriciolano, decadono. La pietra ribelle di cui è fatta Napoli è il tufo, materia vulcanica scavata fin dal tempo dei greci, sotto per costruire sopra. Così Napoli è doppia. Ha una superficie gremita sopra, gremita di noi e di case, e sotto è vuota, campata sopra l’area di cavità gigantesche, come Venezia è campata sopra l’acqua.
Questo spiega anche il carattere doppio di quel luogo, dietro la facciata della maschera, dei denti, c’è il vuoto allo stomaco. Dietro la prima facciata delle case al sole ci sono i vicoli cupi, in cui non entra la luce neanche a mezzogiorno e rimane a galleggiare in aria rimbalzando tra i vetri delle finestre degli ultimi piani.
Oggi siamo attraversati, visitati da nuovi viaggiatori dell’emigrazione. Viaggiatori di azzardo, di purissimo azzardo, che accettano il rischio di essere decimati da deserti, prigionie, naufragi. Viaggiava più comodo San Paolo prigioniero sopra la nave romana. Viaggiavano più sicuri Ulisse, Simbad e pure Giona in bocca alla balena.
Chiamiamo questi viaggi dal sud “ondate migratorie”, scegliendo apposta quest’immagine distorta delle ondate, alle quali bisogna opporre dighe, frangiflutti e scogliere. Non sono ondate e noi per geografie non siamo dighe. Le torri saracene che sono sparse sopra il nostro territorio erano di avvistamento e non di sbarramento. L’Italia delle migliaia di chilometri di costa non può calzare un preservativo.
E allora? E allora non resta che obbedire alla geografia di questo paese che è un braccio teso, ponte e passerella. Lasciare che attraversino il nostro paese questi nuovi viaggiatori dell’emigrazione, facilitare il passaggio verso le altre frontiere, verso l’Europa, loro meta più vasta, più desiderata, più assortita.
Succede già, succede già… Gli smistati da Lampedusa sono già a Parigi, Berlino, Londra… Non siamo i buttafuori di Europa, non siamo i guardiani all’uscio di un continente. Siamo invece gli eredi di repubbliche marinare, che vissero e prosperarono sul libero passaggio di merci e di mercanti. Sono mercanti questi nuovi viaggiatori dell’emigrazione? Sono mercanti. Hanno una sola merce da vendere, per noi preziosissima, ed è la loro forza lavoro. Sono mercanti della loro forza di lavoro e noi la acquistiamo a prezzi fin troppo convenienti per noi.
Lampedusa, lampada e medusa, striscia di terra più vicina all’Africa, madre terra della specie umana, che all’Europa. Lampedusa ha una formazione geografica doppia: da una parte scogliere inaccessibili e dall’altra, parte opposta, invece spiagge e calette di facile approdo. Spiagge e calette di facile approdo sono a sud, rivolte a sud. Le scogliere a corazza sono rivolte a nord, verso di noi. La geografia già parla, già dice, già consiglia. Lampedusa è la piccola porta dalla quale sta passando la grande corrente della storia del mondo a venire che sempre si affaccia da una piccola breccia.
E per chiudere questa mia conversazione vi voglio leggere queste poche righe dedicate a noialtri:
Abbiamo amato l’Odissea, Moby Dick, Robinson Crusoe, i viaggi di Simbad e di Conrad. Siamo stati dalla parte dei corsari e dei rivoluzionari. Cosa ci fa difetto per non stare con gli acrobati di oggi, saltatori di fili spinati e di deserti, accatastati in viaggio nelle camere a gas delle stive, in celle frigorifere, in container, legati ai semiassi di autocarri. Cosa ci manca per una applauso di cuore, per un caffè corretto al portatore di suo padre in spalla e di suo figlio in braccio, portato via dalle città di Troia svuotate dalle fiamme.
Benedetto il viaggio che vi porta, il Mare Rosso che che vi lascia uscire, l’onore che ci fate bussando alla finestra.”