Affabulazioni

Un dialogo nell’oscurità

10.05.2023
Era la sera tarda di una primavera decisamente precoce in un sobborgo di Londra, dove un giardino correva dalla porta sul retro di una casa giù, fino alle anse di un piccolo ruscello; e una bambina, che avrebbe dovuto trovarsi già a letto, era invece sgusciata fuori non al limitare di quel giardino, ma oltre il ruscello, fino al terrapieno che si ergeva al di là di esso, e se ne stava seduta su uno di quei binari luccicanti che lo cingevano. Nel crepuscolo, sentì il sospiro del vento tra gli alberi; ma non vi erano alberi là, e non ve n’erano nei paraggi, ad eccezione di tre lillà che costeggiavano il giardino alle sue spalle, d’un verde abbagliante in primavera, e di giovani alberelli che avevano sconfinato sul terrapieno, e che nessuno aveva tagliato. Sapeva, quindi, che quel suono doveva provenire da uno spirito, ed era così. Era lo spirito della foresta che infestava il crepuscolo, così lontano dalla sua casa. Lentamente, il sospiro tra quegli alberi che non erano lì crebbe fin quasi a diventare un suono, che inequivocabilmente diceva: “Shh! Shh!”
“Chi sei?” domandò la piccola.
“Chi sei?” domandò la piccola.
Nella quiete della sera le parole si udirono chiaramente, e risposero: “Sono lo Spirito della Foresta”.
La bambina non si stupì, poiché il suono di tali flebili parole le era parso somigliare, fin dal principio, al parlare di uno spirito. “Ma cosa ci fai qui?” gli domandò.
“Osservo il mio reame,” rispose la foresta
“Qui?” incalzò la bambina. “Ci sono solo case, qui.”
“Il mio legittimo reame,” continuò la foresta.
“Era tutto tuo?” domandò lei.
“Certamente”.
“Quanti anni fa?” chiese ancora.
“Cosa sono gli anni?” domandò la foresta.
“Non lo so esattamente,” disse la bambina.
“Neppure io”.
Da molto più lontano di quanto la bambina potesse udire, giunse lo sbuffo del treno, ma la foresta poteva udirlo chiaramente, poiché tutto ciò che è immortale conosce i propri amici e nemici, e li sente arrivare entrambi da grandi distanze.
“Torna a casa. Torna a casa”, disse alla bambina.
“Perché?” domandò lei: non le era mai stato permesso di sedersi sui binari, ed essere lì le dava un gran senso di libertà.
“Perché queste cose sono mie nemiche. Non devi toccarle”, le rispose la foresta.
“Ti hanno fatto del male?” chiese la bambina
“Torna a casa”, le ripeté. “Sono loro che mi hanno costretto all’esilio.”
“Sono più forti di te?”
“Per un po’” disse lo spirito. “Ma ora vai.”
Mentre lo sbuffo del treno diventava un ronzio sordo, e la terra cominciò a vibrare sotto di esso, la voce dello spirito parve più debole, come se temesse quella forza che lo aveva spinto in esilio, e le sue parole sprofondarono in un mormorio, benché ancora ben udibile dall’orecchio di un bambino.
Ho raccontato troppo poco per lasciar intendere che tipo di spirito fosse, ma la bambina era innocente quanto basta per essere un ottimo giudice, e riconobbe che quello era uno spirito buono. Perciò fece come lui le aveva detto e si alzò da quelle rotaie scintillanti. Il treno si fece ancora più vicino, ed il ronzio si fece ruggito. “È uno dei tuoi nemici?” chiese la bambina.
Questa volta dallo spirito non giunse alcuna risposta. Così si calò giù dal terrapieno attraverso i giovani frassini, e si voltò verso la sponda del torrente per chiamare di nuovo il suo amico: ma in quel momento le luci divamparono nella sera ed il treno sfrecciò con la sua fila di finestrini splendenti, gettando bellezza nel crepuscolo, ma facendo fuggire piccoli segreti dai luoghi pieni d’ombre dove si nascondevano, come l’amore tra un bambino e uno spirito. Le foglie dell’autunno passato si destarono dal loro sonno e gli corsero dietro; quando anche l’ultima delle foglie fu esausta, la bambina parlò ancora allo spirito:
“Se n’è andato,” gli disse.
“Oh,” fu la risposta
“Hai paura di lui?” chiese la bambina.
“Veramente no” rispose lo spirito della foresta.
“Ma hai detto che è più forte di te” continuò, benché le fosse stato insegnato di non controbattere.
“Per un po’” replicò la foresta. “Solo per un po’.”
“Mi spiace che ti abbiano costretto in esilio,” disse lei.
“Tornerò” disse la foresta.
“Quando?” gli chiese la bambina.
“Shh” le rispose “Shh. È un segreto.”
E tutta l’aria risuonò all’unisono con lo shh della foresta, persino i giovani alberelli, e quel suono si propagò nella sera.
“Quando?” domandò di nuovo la bambina.
Di nuovo, quell’immenso “Shh”.
Non so dire se lo spirito della foresta si sarebbe convinto a rivelare il suo segreto: proprio in quel momento la bambina fu trovata, presa, riportata a casa e, mi spiace dirlo, sculacciata.
Lord Dunsany, “A Talk in the Dark”, da “The Ghost in the Corner & Other Stories”, a cura di S.T. Joshi e Martin Andersson, 2017
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In evidenza: Gürbüz Doğan Ekşioğlu (cartoonist turco)

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