“Piera mia, scusa la durezza di questa lettera, ma come noi due sappiamo la nostra amicizia non è mai stata un divano comodo di complicità e mollezza, ma una palestra lucida di scontro e volontà di “cercare”, “conoscere”, “sperimentare”. So di responsabilizzarti con queste parole egoistiche, ma come dicemmo una volta l’amore è egoismo, necessità dell’altro, volontà di rubare all’altro, nutrirsi, mangiare ed essere mangiati e io senza la tua intelligenza e la tua forza di vita e di passione vengo mutilata – ormai è chiaro – nell’arto dell’affettività e della fiducia. In quelle condizioni non posso che – da mutilata – non rispondere a tutti che con monosillabi e indifferenza.”
Goliarda Sapienza, da una lettera a Piera Degli Esposti
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“Luchino,
[…] scusami ma non posso non dirti subito quanto l’aver guardato in faccia il tuo Rocco mi ha stravolta: quanto il suo sguardo mi ha rovesciata come una seppia facendomi sentire il sapore del sangue che tanto falso, accorto pudore e raffinato gusto prudente cerca di soffocare con deodoranti e saponette profumate.
Dirti […] se mi ha commosso più o meno di La terra trema mi sembrano […] ragionamenti “a freddo” che lo sguardo di “Rocco” non ammette per questa tua fatica che mi appare come il lavoro atroce e pieno d’amore di un grande chirurgo che, scovato il nodo di una verità, lo seziona tenacemente, senza timore, fino al suo fondo più doloroso e misterioso per portarlo alla luce, rivelato in quell’esplosione abbandonata di pianto liberatore su un letto squassato da due corpi di fratelli abbracciati in una vita.”
Goliarda Sapienza, da una lettera a Luchino Visconti
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“Ho bisogno della mia parte di tristezza e anche di dolore, anzi ho diritto al dolore perché solo da esso comprendo cosa sia la gioia. Come ho bisogno della morte per capire che sono viva. Che cosa sarebbe la nostra vita sempre giovani e senza il traguardo della morte che ci fa prezioso ogni momento che riusciamo a strapparle? Sarebbe la beatitudine degli angeli. Che non mi interessa, non interessa il mio corpo fatto di materia feribile e destinato al decadimento.”
“Citto caro,
dovrei scriverti, ho avuto adesso il tuo espresso con il bel disegnino, me lo sono trovato improvvisamente davanti, inaspettato e commovente, tirando fuori la lettera dalla busta, caro, dovrei proprio scriverti ma non me la sento, ho voglia di vederti, di parlarti, e non di scriverti. Sono opaca e vuota, e non so cosa dirti, ho anche paura di rattristarti, non so come fare. Ho cercato di vedere gente, di “distrarmi” – come dicono – , visto che leggere e studiare mi stancano tanto, ma è assolutamente inutile, non mi “distraggo” affatto, mi… “disgusto” solamente.”
Goliarda Sapienza, da “Lettere e biglietti di Goliarda Sapienza”, a cura di Angelo Pellegrino