“Mi ero reso conto che il bambino non muore mai: ogni essere umano, se non ha portato a termine un certo lavoro spirituale, è un bambino travestito da adulto. E’ meraviglioso essere bambini quando si è bambini ed è terribile che in tenera età qualcuno ci obblighi a comportarci da adulti. E’ terribile anche essere bambini quando si è adulti. Maturare significa mettere il bambino al suo posto, lasciarlo vivere dentro di noi non come un comandante ma come un seguace. Lui ci apporta lo stupore quotidiano, la purezza nelle intenzioni, il gioco rigeneratore, ma non deve mai convertirsi in tiranno.
Più tardi compresi che tutte le malattie, perfino le più crudeli, erano un genere di spettacolo. Alla base c’era la protesta per una carenza affettiva e per il divieto di pronunciare qualunque parola o fare un gesto che rivelasse tale mancanza. Il non detto, il non espresso, il segreto, poteva addirittura trasformarsi in malattia. L’animo infantile, soffocato dai divieti, elimina le difese organiche per consentire l’ingresso al male, perché soltanto così avrà l’opportunità di esprimere la propria desolazione. La malattia è una metafora. E’ la protesta di un bambino trasformata in rappresentazione. Ogni atto straordinario abbatte i muri della ragione. Distrugge la scala dei valori e costringe lo spettatore a giudicare da solo. Agisce come uno specchio: ciascuno si vede con i propri limiti.
Eppure questi limiti, manifestandosi, possono suscitare un’improvvisa presa di coscienza. “Il mondo è come penso che sia. I mie mali derivano da una visione distorta. Se voglio guarire, non è il mondo che devo cercare di cambiare ma l’opinione che ho di esso”. Gli esseri umani sono mammiferi a sangue caldo, quindi nel fondo della loro animalità nutrono il bisogno di venire protetti, alimentati e riparati dal freddo dai corpi del padre e della madre. Se questo contatto manca, il piccolo è condannato a morire. L’angoscia più grande di un essere umano è quella di non essere amato dalla madre, o dal padre o da entrambi; se questo avviene, l’anima è segnata da una ferita che continua a infettarsi.”
Alejandro Jodorowsky, da “La danza della realtà”, 2001