Pensieri

Pensiero meridiano

02.08.2023
“Pensiero meridiano è quel pensiero che si inizia a sentir dentro laddove inizia il mare, quando la riva interrompe gli integrismi della terra (in primis quello dell’economia e dello sviluppo), quando si scopre che il confine non è un luogo dove il mondo finisce, ma quello dove i diversi si toccano e la partita del rapporto con l’altro diventa difficile e vera. Il pensiero meridiano infatti è nato proprio nel Mediterraneo, sulle coste della Grecia, con l’apertura della cultura greca ai discorsi in contrasto, ai “dissoi logoi”.
“Bisogna essere lenti come un vecchio treno di campagna e di contadine vestite di nero, come chi va a piedi e vede aprirsi magicamente il mondo, perché andare a piedi è sfogliare il libro e invece correre è guardarne solo la copertina. Bisogna essere lenti, amare le soste per guardare il cammino fatto, sentire la stanchezza conquistare come una malinconia le membra, invidiare l’anarchia dolce di chi inventa di momento in momento la strada.
Bisogna imparare a star da sé e aspettare in silenzio, ogni tanto essere felici di avere in tasca soltanto le mani. Andare lenti é incontrare cani senza travolgerli, è dare i nomi agli alberi, agli angoli, ai pali della luce, è trovare una panchina, è portarsi dentro i propri pensieri lasciandoli affiorare a seconda della strada, bolle che salgono a galla e che quando son forti scoppiano e vanno a confondersi al cielo. È suscitare un pensiero involontario e non progettante, non il risultato dello scopo e della volontà, ma il pensiero necessario, quello che viene su da solo, da un accordo tra mente e mondo.”
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Emil Bernard, “Ponti ferroviari ad Arnier”, 1887
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“L’Occidente dovrebbe cessare di guardare con un orrore comodo e superbo alla barbarie del fondamentalismo, dei nazionalismo e dell’economia criminale e tentare di combatterli iniziando con il controllare il proprio fondamentalismo, quello dell’economia. Solo limitando l’homo currens si può sbarrare la strada allo sradicamento e agli usi reattivi della tradizione, al suo ritorno vioIento e soffocante. Prendere atto del lato oscuro e aggressivo della propria cultura significa finalmente uscire dall’etnocentrismo.
Esistono una pluralità di vie per arrivare a Dio, una pluralità di lingue per dargli un nome. Se ogni cultura prendesse atto del proprio lato oscuro, di quei frutti avvelenati che essa produce (e che ama disconoscere imputandoli ad altri) si potrebbe iniziare a parlare. Finché gli homines prodotti dalle altre culture saranno considerati soltanto stadi intermedi sulla via del raggiungimento dell’homo currens sarà perfettamente normale che i perdenti non accettino di stringere la mano a coloro che hanno imposto il gioco nel quale vincono sempre.
Dalla traduzione reciproca e su un piano di parità delle diverse culture si potrebbe invece ricavare un allargamento del patrimonio culturale generale dell’umanità, le premesse di una coscienza planetaria adeguata alla nostra “comunità di destino terrestre”, un incrocio alto delle libertà e delle protezioni.
All’Occidente spetta il compito difficilissimo (ma non nuovo) di diffidare del proprio nobile universalismo che corre in soccorso e in aiuto, di non pensare che le proprie istituzioni siano un campo neutro sul quale le culture si sfidano e si incontrano ad armi pari.
Mi si consenta di concludere con una riflessione personale che nasce dalla abitudine di passare le vacanze estive in Grecia e che probabilmente esprime più che un pensiero organico e maturo un intreccio di convinzioni. Sempre mi è capitato di osservare che laddove arrivano i turisti spariscono i religiosi: splendidi e non più remoti monasteri con pochi frati superstiti sono consumati ogni giorno da migliaia di turisti (tra i quali il sottoscritto). C’è sempre qualcosa di amaro in ogni ritorno da queste visite, la sensazione che, nonostante il nostro continuo assaggiare tutto, un sapore serio ed importante si sottragga al nostro gusto e alla nostra conoscenza. “
Franco Cassano, da “Il pensiero meridiano”, 1996
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In evidenza: Foto di Sonia Simbolo

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