I Landays (un termine che in lingua pashtun significa “piccolo serpente velenoso”) sono poesie popolari composte da due versi:
generalmente il primo è composto da nove sillabe, il secondo da tredici.
Sono componimenti molto antichi, spesso anonimi, con i quali le donne cantavano l’amore,
la libertà o con i quali denunciavano una violenza subita.
Quelli riportati in questa pagina sono Landays di cui è nota l’Autrice.
Foto di Fatimah Hosseini
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“Ho sognato di essere il presidente
Al mio risveglio ecco, sono il mendicante del mondo”.
Landay attribuito ad Ashaba, una donna anziana che vive nel campo profughi di Samar Khel Tagaw (Jalalabad)
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Malina Suliman, street artist afghana
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“Sono imprigionata in questo angolo
Piena di malinconia e di dispiacere.
Le mie ali sono chiuse e non posso volare.”
Nadia Aniuman Herawi, poetessa afghana
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“Sono un tulipano nel deserto
Muoio prima di sbocciare
E le onde della brezza del deserto
Soffiano via i miei petali.”
Meena Muska
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“Nella prigione di Policharki, non ho nulla di mio,
eccetto il mio cuore stretto tra mura di pietra”
Landay cantato da Basbibi, una donna che viveva nel campo profughi di Char-i-Kambar, a Kabul. Suo figlio Basbibi era stato rinchiuso nella prigione di Policharki per aver partecipato ad una rivolta per l’uso dell’unica pompa per l’acqua del campo profughi.
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«Il velo è come il muro di Berlino, facciamolo cadere»
Masih Alinejad, attivista iraniana
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Opera di Masih Alinejad
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“Perché non mi trovo in un mondo in cui la gente possa sentire quel che io sento e udire la mia voce? Nell’Islam, Dio amò il Profeta Maometto. Io sto in una società dove l’amore è un crimine. Se siamo musulmani, perché siamo nemici dell’amore?”
Landay della poetessa afghana Zarmina (Rahila è il suo pseudonimo)
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Immagine in evidenza: Dipinto tratto da Refugees Art