Affabulazioni

Io ero il più uno…

18.11.2023
“Ero sempre a casa da sola, perché il mio papà adottivo era morto in un incidente e la mia mamma lavorava fino a mezzanotte. Un giorno mi sono messa a frugare tra la biancheria e ho trovato un attestato in cui la signora Tal dei Tali, mia madre naturale, rinunciava a me.
Avevo 19 anni quando l’ho incontrata. Ero curiosissima e agitata. Mi ero fatta carina con una camicetta azzurra e capelli freschi di parrucchiere. Lei era grossa e avvolta da una pelliccia ancora più grossa. Ma la faccia era spiccicata alla mia. Avevo disseminato il divano di mie foto da bambina: pensavo che le interessasse sapere com’ero cresciuta. Sbagliavo. Mi disse: “Grazie cara, un’altra volta”. Usava quell’aggettivo, cara, che non sopportavo. Mi ha sempre tenuta a distanza. L’ha sempre fatto. Quando ha compiuto 80 anni le ho telefonato chiedendole se, per la prima volta, potevo partecipare al suo compleanno: “Sì, certo cara, ti farò sapere”. Mi chiamò il giorno dopo i festeggiamenti per ringraziarmi di un regalino che le avevo lasciato in portineria: “Scusa per ieri, cara, non abbiamo fatto niente di speciale: eravamo solo tra noi”. Persino quando, più avanti, l’ho accompagnata in ospedale, alla domanda dell’infermiera: “Quanti parti ha avuto?”, ha risposto: “Tre, più uno”. Io ero il più uno. Neanche in grembo ero uguale agli altri.
Non era fredda, era disturbata. Tanto che, quando li ho ritrovati, i miei fratellastri mi dicevano: “Beata te che sei stata adottata”. Mia madre era un fuoco d’artificio schiacciato dal rigore borghese e valdese. Non ce l’ho con lei, anzi sono contenta di averla frequentata. Altrimenti sarebbe rimasta un affascinante fantasma che avrebbe sottratto amore alla mia mamma adottiva.
Vivian Lamarque, da un’intervista a “Vanity Fair” – 13 novembre 2022

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