“Le circostanze a volte gettano gli uomini in situazioni così drammatiche, spingono le loro esili figure sotto gli abbaglianti riflettori della storia al punto che essi, o le loro ombre, assumono il significato di simboli di prima grandezza.
Sacco e Vanzetti rappresentano tutti quegli immigrati che hanno costruito l’industria di questa nazione, con il loro sudore e con il loro sangue, e per questo non hanno ricevuto nient’altro che il salario più basso possibile, e la condizione di schiavi sotto il tallone dell’ordine sociale controllato da uomini in divisa. Essi sono tutti i wops, gli hunkies, i bohunks*, tutta la carne da macello per la fabbrica che la fame porta in America attraverso quel triste setaccio che è Ellie Island. Sono i sogni di un ordine sociale più sano fatto da coloro che non accettano la legge della giungla. Questa minuscola aula di tribunale è il punto focale del tumulto, un’età di transizione, quel punto a cui guarda il mondo intero. Sulle pareti di quest’aula Sacco e Vanzetti proiettano le loro immense ombre”.
John Dos Passos, in “Davanti alla sedia elettrica. Come Sacco e Vanzetti furono americanizzati”
“Questa non è una poesia
Sono due uomini in grigie casacche di detenuti.
Un uomo siede guardandosi la carne malata delle mani mani che non hanno lavorato per sette anni.
Ma tu lo sai quant’è lungo un anno?
Lo sai quante ore ci sono in un giorno
quando il giorno è ventitre ore su una branda in una cella
in una cella in una fila di celle in un braccio di file di celle
tutte vuote del soffocante vuoto di sogni?
Tu li conosci i sogni di uomini in carcere?
Ora sono morti
I neri automi hanno vinto.
Loro sono completamente bruciati.
Le loro carni sono passate nell’aria del Massachusetts
i loro sogni sono passati nel vento.
“Ora sono morti”, dà di gomito la segretaria
del governatore al governatore
“Ora sono morti”, dà di gomito il giudice della Corte d’Appello
al giudice della Corte Suprema
“Ora sono morti”, dà di gomito il rettore dell’università
al rettore dell’università
Una risata secca sale da tutti i morti,
morti in colletto bianco, morti in cappello da seta;
morti in mantello.
Salgono e scendono dalle automobili
respirano a fondo con sollievo
mentre vanno su e giù per le strade di Boston.
Essi sono liberi dai sogni
Dai sudici panni del carcere
Le loro voci esplodono in mille linguaggi
cantando una canzone
da far scoppiare i timpani al Massachusetts.
Scrivici su una poesia se te la senti!”
John Dos Passos, “They are dead now”, da “New Masses”, ottobre 1927