Affabulazioni

Propositi per l’anno nuovo…

04.01.2024
– Ho fatto una lista di buoni propositi.
– Oh no.
– Che c’è?
– Non di nuovo.
– Che ho detto?
– Da cinque anni ogni dicembre lei si presenta nel mio studio con un foglietto pieno di buoni propositi per l’anno nuovo. Me lo dà, lo leggiamo insieme, e dopo dodici mesi si rivela non solo essere il più grande esercizio di futilità letteraria mai redatto dall’uomo, ma soprattutto un testamento alla sua formidabile inettitudine nel raggiungimento di qualsiasi obiettivo autoimposto.
– Non crede di essere un tantino severo?
– Dalla lista dell’anno scorso, proposito numero uno: non dire più “un tantino”.
– Ci sto lavorando.
– È il 30 dicembre.
– Un tantino tardi, mi rendo conto. Ma questa volta è diverso, questa volta sono sicuro di poter rispettare ogni singolo proposito. Li legga, la prego. L’ha detto lei che sono queste le cose che ci aiutano nel nostro…
– Calvario.
– Esatto, percorso.
– Va bene, vediamo. Numero uno. Imparare l’arte della pazienza.
– Questo subito, entro fine gennaio lo chiudo.
– Due. Cercare di ascoltare di più. Oh, questo è importante.
– No, aspetti c’è dell’altro.
– Cercare di ascoltare di più… io che parlo. Davvero?
– Credo che la mia voce vada valorizzata.
– Se pensa che la sua voce vada valorizzata è nello studio del dottore sbagliato.
– Continui.
– Tre. Sforzarmi di non chiedere scusa anche quando non ho fatto niente di male.
– Scusi, non so come ci sia finito in mezzo quello, sono mortificato.
– Quattro. Provare a essere meno supponente e spocchioso.
– Lasci perdere questa, tanto non la capirebbe.
– Cinque. Ricominciare a considerare esseri umani le persone che ascoltano musica senza le cuffie in metro.
– Troppo?
– Ne abbiamo parlato tante volte, li deve menare altrimenti non faremo mai passi avanti.
– A proposito, sa che la ritengo un bravissimo psicologo e ho la massima stima nei suoi confronti?
– Be’, grazie. La sua è una dichiarazione inaspettata, ma gradita.
– Ci tenevo a farglielo sapere.
– Ho apprezzato molto. Sei. Iniziare a dire la verità al mio psicologo.
– Ops.
– Sette. Esserci sempre per chi ha bisogno di me. Questa se non altro è lodevole.
– Su whatsapp.
– Come?
– Su whatsapp. Esserci sempre su whastapp. Per telefono mi pare un po’ eccessivo.
– Otto. Cercare di farmi piacere le cose che piacciono a tutti.
– Ho avuto dei problemi quest’anno, ma c’è ancora domani.
– Nove. Non farmi più fregare dagli articoli di giornale in cui vengo incoraggiato a inseguire i miei sogni.
– C’è anche un bis.
– Nove bis. Mollare tutto e girare il mondo. Sul serio?
– Repubblica dice che posso farlo.
– E infine dieci. Accettare con garbo le critiche. Sicuro?
– Certo.
– Questo foglio di carta è una barzelletta.
– Anche la sua laurea. Lei è l’Eurospin della medicina!
– Senta, io fra poco chiudo lo studio e vado in vacanza. Niente di speciale, le solite cose. Starò qualche giorno con la famiglia, vedrò qualche amico, forse riuscirò a finire un paio di libri che ho trascurato, forse no. Mi riposerò, mi romperò le palle e mi lamenterò in egual misura, e a gennaio tornerò qua, come tutti. A lavorare, a lamentarmi, giornate belle, giornate brutte.
– Non la seguo.
– 1 su 10 alla 2.640millesima.
– Eh?
– È la probabilità che lei sia qui, in questo corpo, con questa faccia e con in mano questa, mi perdoni, demenziale lista. La probabilità che i suoi genitori si siano conosciuti, che si siano piaciuti, che abbiano deciso di fare un figlio e che non fossero, che so, due lamantini. 1 su 10 alla 2.640millesima. Ci pensi bene. L’equivalente di far lanciare a 2 milioni di persone un dado con 1 trilione di facce ottenendo tutte lo stesso numero. Un numero più alto di tutti gli atomi presenti nell’universo. E questo escludendo le infinitesimali probabilità che questo succedesse proprio nel minuscolo lasso di tempo durante il quale la Terra non è stata una landa inabitabile.
– Quindi sono una coincidenza?
– Di più, lei è miliardi e miliardi di coincidenze che incatenate fra loro in un’inquantificabile serie di improbabilità l’hanno fatta essere. Può cercare e ottenere qualsiasi risultato nella vita, ma nessuna vittoria che l’universo le potrà offrire sarà anche solo lontanamente paragonabile alla sua esistenza.
– E quindi?
– E quindi la smetta di comportarsi come se fosse un’azienda. La smetta di imporsi bilanci e business plan. La smetta di trattarsi ogni anno con la spietatezza di un consiglio di amministrazione, piazzandosi scadenze e traguardi irraggiungibili. Si prenda un anno senza propositi. Un anno per pretendere niente da sé. Con questo non voglio dire che dovrebbe regredire a divano, rinunciando a ogni ambizione o reprimendo un sano istinto a migliorare, ma non diventi nemico di sé. Non permetta che il cambio di una cifra su un calendario la faccia sentire inadeguato. Ci pensa già tutto il resto.
Insomma, provi a passare quest’anno nuovo cercando di scoprire quello che è e non quello che può essere. E soprattutto allenti un po’ la pressione su sé stesso. Non del tutto, non tantissimo, ma neppure poco… come posso dire… qual è la parola…
– Un tantino?
– La odio.
– Buon anno.
Ordine Psicologhe e Psicologi del Veneto
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