“Godiamoci il brivido di imprevedibilità che ci rallegra se, affacciati alla finestra, sorprendiamo fiocchi di neve belli e vaganti che si posano, e resistono silenziosi, sui tetti, sugli alberi, sui fili elettrici, sulla strada. C’è qualcosa di irrazionalmente gioioso nella lenta pioggia bianca che attraverso gli occhi ci accarezza l’anima. Arriverà il momento delle assennate preoccupazioni, se il lieto evento si verifica in luogo poco frequentato da acque condensate in cristalli refrigerati: gli scarponi da indossare, le catene, magari arrugginite per il disuso, da applicare alle gomme dell’auto, bus che non camminano, il gelo in agguato, le pozzanghere, il fango ecc. ecc. Ma sul momento prendiamocela tutta, e senza pentimenti, questa felicità un po’ insensata e infantile, questa scorpacciata di un piacere fantasioso e raro che ha qualcosa dell’incantamento e non ci va nemmeno di capire fino in fondo perché ci piace così tanto. È un siparietto candido che ci separa dalla monotonia dei nostri paesaggi consueti, il sole, la pioggia, i colori lividi delle giornate burrascose, i grigiori delle nebbie, le uniformità notturne. Non godranno degli stessi piaceri i patiti delle settimane bianche – raggiungerla, la neve, anziché esserne sorpresi, è bello, ma in altro modo -. Non mostreranno altrettanto entusiasmo coloro che vivono per mesi in luoghi innevati, né i malcapitati viaggiatori che rischiano ingorghi, paralisi e altri guai a causa della imprevedibilità e copiosità dei fiocchi venuti dal cielo. La felicità da neve, è dunque di alcuni e non di altri, a conferma che non tutte le felicità riguardano tutti e non tutti godono delle stesse felicità. Un promemoria sul fondamentale principio della relatività delle cose, appropriatamente affidato dalla nostra immaginazione ad un fiocco bianco, al quale basta un grado in più sul termometro per cessare dì esistere.”