Pensieri

In quel preciso momento

03.02.2024
“Che tempi beati, quelli, si dice, non torneranno mai più; e non perché oggi si sia miseri, o malati o afflitti da altre sciagure. Bellissimi sembrano gli anni lontani perché allora si era più giovani e la riserva delle speranze verosimili era molto più grande mentre adesso si è assottigliata e il futuro, per quanto lungo possa essere, non conterrà in alcun modo le immense cose che si erano sognate. Ma io mi chiedo: erano davvero felici? Non lasciatevi suggestionare dalle apparenze. Pensateci su bene. Cercate di ricordarvi, a titolo di campione, uno di quei giorni lontani, uno dei migliori, anche, se volete, specialmente adatto a simboleggiare la felicità. Rivivetelo nella memoria ora per ora, provate a localizzarne il punto migliore. Un giorno di vacanze, per esempio, in alta montagna. Svegliati che il sole era già alto, vi ricordate?, e batteva sulle grandi pareti. Scesi a far colazione all’aperto, pensavate alle prossime ore, alla gita dell’indomani, alla ragazza che tra poco sarebbe comparsa, con cui andare a fare il bagno nel lago. Proprio di queste banalità sono fatte le antiche gioie. Poi lei veramente è comparsa, solo che si attardava un poco e voi invece avevate premura di andare subito al lago, altrimenti non avreste fatto in tempo.
Non in quel punto dunque la felicità, ma un poco più tardi. Eppure anche più tardi, quando eravate con lei in riva al lago, già il desiderio correva avanti, anticipando la vera gioia. D’ora in ora, questa la verità, si correva dietro a qualcosa. E neppure il giorno successivo ci fu l’ora tanto desiderata; all’alba eravate impazienti di essere all’attacco della parete, qui di aver superato il punto più difficile, poi di essere in cima, poi di aver compiuto felicemente la discesa, e discesi si sarebbe voluto essere già al rifugio, e al rifugio nasceva una strana amarezza come quando ci si accorge che una cosa bella è passata. E soprattutto, in ogni istante della giornata, anche nei periodi più placidi, una specie di ansia, una aspettazione dell’indomani, una impazienza. D’ora in ora sospinti con la sensazione che fermarsi è impossibile, che il buono ci aspetta più avanti e conviene affrettarsi. Così di giorno in giorno, mese in mese, anno in anno, senza la più piccola pausa, a perdita di fiato.
Ed eccoci finalmente qui e siamo sempre gli stessi, non ci sono state interruzioni né fratture, si tratta sempre della stessa corsa per cui partimmo giovanetti, puntando sull’indomani. A quei tempi lontani dunque, che ci piace ritenere felici, ci lega l’ininterrotta progressione delle ore; le quali non è vero che un dì fossero rosa o celesti e adesso grigie, bensì sempre le stesse pressappoco, fatte in modo che standoci dentro non sembrano nulla di speciale, mentre a guardarle dal di fuori, quando si sono fatte lontane, splendono misteriosamente”.
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Federico Faruffini, “Lettrice” (“Clara”), 1865
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“C’è un sistema semplicissimo e pratico per stabilire se una poesia è vera poesia: leggetela distrattamente, meccanicamente, senza il minimo sforzo, addirittura pensando ad altro. Se è poesia di quella buona, state pur certi che qualcosa vi entrerà nel cervello, vi toccherà come una punta. Perché la grande poesia contiene una carica di vita che basta toccarla inavvertitamente per ricevere una scossa. Naturalmente, per una totale comprensione, occorrerà in seguito starci su, leggerla e rileggerla. Ma una sommaria identificazione è facilissima. Come succede per i violinisti, che bastano quattro note per capire se sono grandi o no (mentre i pianisti sono un po’ come i prosatori, prima di esprimere un giudizio, bisogna starli ad ascoltare lungamente e poi pensarci su tre volte).”
Dino Buzzati, da “In quel preciso momento”, 1950
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In evidenza: Photo by Kirn Vintage Stock/Corbis via Getty Images, 1935

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