“Quando la rivoluzione, in nome della potenza e della storia, si converte in meccanismo omicida e smisurato, diviene sacra una nuova rivolta, in nome della misura e della vita. Siamo a questo estremo. In fondo alle tenebre avvertiamo già l’inevitabile luce e non ci resta che lottare perché sia. Al di là del nichilismo, noi, tutti, tra le rovine, prepariamo una rinascita. Ma pochi lo sanno. È già, in realtà, la rivolta. Senza pretendere di risolvere tutto, può almeno fronteggiare. Da quell’istante, il meriggio zampilla e scorre sul movimento stesso della storia. Intorno al braciere divorante, battaglie d’ombre s’agitano un attimo, poi scompaiono; e alcuni ciechi, toccandosi le palpebre, gridano che questa è la storia. Gli uomini d’Europa, abbandonati alle ombre, si sono distolti dal punto fisso e irraggiante. Scordano il presente per l’avvenire, la preda degli esseri per il fumo della potenza, la miseria dei sobborghi per una città radiosa, la giustizia quotidiana per una vana terra promessa. Disperano della libertà delle persone e vanno fantasticando di una strana libertà della specie; rifiutano la morte solitaria, e chiamano libertà una prodigiosa agonia collettiva. Non credono più a ciò che è, al mondo e all’uomo vivo; l’Europa non ama più la vita, questo è il suo segreto. I suoi ciechi hanno creduto puerilmente che amare un solo giorno di vita equivalesse a giustificare secoli d’oppressione. Per questo hanno voluto cancellare la gioia dalla scena del mondo, e rimandarla a più tardi.”
Albert Camus, da “’Uomo in rivolta”, 1951
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In evidenza: Foto di Mario Haberl